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Appello del Manifesto contro una riforma elettorale con tanti vizi

Il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia, come giurista, ha firmato l'appello lanciato da il Manifesto contro la proposta di riforma elettorale Renzi-Berlusconi.

La pro­po­sta di riforma elet­to­rale depo­si­tata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segre­ta­rio del Par­tito Demo­cra­tico Mat­teo Renzi e il lea­der di Forza Ita­lia Sil­vio Ber­lu­sconi con­si­ste sostan­zial­mente, con pochi cor­ret­tivi, in una rifor­mu­la­zione della vec­chia legge elet­to­rale – il cosid­detto “Por­cel­lum” – e pre­senta per­ciò vizi ana­lo­ghi a quelli che di que­sta hanno moti­vato la dichia­ra­zione di inco­sti­tu­zio­na­lità ad opera della recente sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale n.1 del 2014.

Que­sti vizi, afferma la sen­tenza, erano essen­zial­mente due.

Il primo con­si­steva nella lesione dell’uguaglianza del voto e della rap­pre­sen­tanza poli­tica deter­mi­nata, in con­tra­sto con gli arti­coli 1, 3, 48 e 67 della Costi­tu­zione, dall’enorme pre­mio di mag­gio­ranza – il 55% per cento dei seggi della Camera – asse­gnato, pur in assenza di una soglia minima di suf­fragi, alla lista che avesse rag­giunto la mag­gio­ranza rela­tiva. La pro­po­sta di riforma intro­duce una soglia minima, ma sta­bi­len­dola nella misura del 35% dei votanti e attri­buendo alla lista che la rag­giunge il pre­mio del 53% dei seggi rende insop­por­ta­bil­mente vistosa la lesione dell’uguaglianza dei voti e del prin­ci­pio di rap­pre­sen­tanza lamen­tata dalla Corte: il voto del 35% degli elet­tori, tra­du­cen­dosi nel 53% dei seggi, ver­rebbe infatti a valere più del dop­pio del voto del restante 65% degli elet­tori deter­mi­nando, secondo le parole della Corte, “un’alterazione pro­fonda della com­po­si­zione della rap­pre­sen­tanza demo­cra­tica sulla quale si fonda l’intera archi­tet­tura dell’ordinamento costi­tu­zio­nale vigente” e com­pro­met­tendo la “fun­zione rap­pre­sen­ta­tiva dell’Assemblea”. Senza con­tare che, in pre­senza di tre schie­ra­menti poli­tici cia­scuno dei quali può rag­giun­gere la soglia del 35%, le ele­zioni si tra­sfor­me­reb­bero in una roulette.

Il secondo pro­filo di ille­git­ti­mità della vec­chia legge con­si­steva nella man­cata pre­vi­sione delle pre­fe­renze, la quale, afferma la sen­tenza, ren­deva il voto “sostan­zial­mente indi­retto” e pri­vava i cit­ta­dini del diritto di “inci­dere sull’elezione dei pro­pri rap­pre­sen­tanti”. Que­sto mede­simo vizio è pre­sente anche nell’attuale pro­po­sta di riforma, nella quale pari­menti sono escluse le pre­fe­renze, pur pre­ve­den­dosi liste assai più corte. La desi­gna­zione dei rap­pre­sen­tanti è per­ciò nuo­va­mente ricon­se­gnata alle segre­te­rie dei par­titi. Viene così ripri­sti­nato lo scan­dalo del “Par­la­mento di nomi­nati”; e poi­ché le nomine, ove non avven­gano attra­verso con­sul­ta­zioni pri­ma­rie impo­ste a tutti e tas­sa­ti­va­mente rego­late dalla legge, saranno decise dai ver­tici dei par­titi, le ele­zioni rischie­ranno di tra­sfor­marsi in una com­pe­ti­zione tra capi e infine nell’investitura popo­lare del capo vincente.

C’è poi un altro fat­tore che aggrava i due vizi sud­detti, com­pro­met­tendo ulte­rior­mente l’uguaglianza del voto e la rap­pre­sen­ta­ti­vità del sistema poli­tico, ben più di quanto non fac­cia la stessa legge appena dichia­rata inco­sti­tu­zio­nale. La pro­po­sta di riforma pre­vede un innal­za­mento a più del dop­pio delle soglie di sbar­ra­mento: men­tre la vec­chia legge, per que­sta parte tut­tora in vigore, richiede per l’accesso alla rap­pre­sen­tanza par­la­men­tare almeno il 2% alle liste coa­liz­zate e almeno il 4% a quelle non coa­liz­zate, l’attuale pro­po­sta richiede il 5% alle liste coa­liz­zate, l’8% alle liste non coa­liz­zate e il 12% alle coa­li­zioni. Tutto que­sto com­por­terà la pro­ba­bile scom­parsa dal Par­la­mento di tutte le forze minori, di cen­tro, di sini­stra e di destra e la rap­pre­sen­tanza delle sole tre forze mag­giori affi­data a gruppi par­la­men­tari com­po­sti inte­ra­mente da per­sone fedeli ai loro capi.

Insomma que­sta pro­po­sta di riforma con­si­ste in una rie­di­zione del por­cel­lum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fis­sa­zione di una quota minima per il pre­mio di mag­gio­ranza e le liste corte – miglio­rato, ma sotto altri – le soglie di sbar­ra­mento, enor­me­mente più alte – peg­gio­rato. L’abilità del segre­ta­rio del Par­tito demo­cra­tico è con­si­stita, in breve, nell’essere riu­scito a far accet­tare alla destra più o meno la vec­chia legge elet­to­rale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichia­rata incostituzionale. Di fronte all’incredibile pervicacia con cui il sistema politico sta tentando di riprodurre con poche varianti lo stesso sistema elettorale che la Corte ha appena annullato perché in contrasto con tutti i principi della democrazia rappresentativa, i sottoscritti esprimono il loro sconcerto e la loro protesta

Con­tro la pre­tesa che l’accordo da cui è nata la pro­po­sta non sia emen­da­bile in Par­la­mento, ricor­dano il divieto del man­dato impe­ra­tivo sta­bi­lito dall’art.67 della Costi­tu­zione e la respon­sa­bi­lità poli­tica che, su una que­stione deci­siva per il futuro della nostra demo­cra­zia, cia­scun par­la­men­tare si assu­merà con il voto. E segna­lano la con­creta pos­si­bi­lità – nella spe­ranza che una simile pro­spet­tiva possa ricon­durre alla ragione le mag­giori forze poli­ti­che – che una simile rie­di­zione pale­se­mente ille­git­tima della vec­chia legge possa pro­vo­care in tempi più o meno lun­ghi una nuova pro­nun­cia di ille­git­ti­mità da parte della Corte costi­tu­zio­nale e, ancor prima, un rin­vio della legge alle Camere da parte del Pre­si­dente della Repub­blica onde sol­le­ci­tare, in base all’art.74 Cost., una nuova deli­be­ra­zione, con un mes­sag­gio moti­vato dai mede­simi vizi con­te­stati al Por­cel­lum dalla sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale. Con con­se­guente, ulte­riore discre­dito del nostro già scre­di­tato ceto politico.

Firmatari

Gaetano Azzariti, Mauro Barberis, Francesco Bilancia Michelangelo Bovero, Ernesto Bettinelli, Paolo Caretti, Lorenza Carlassare, Giovanni Cocco, Claudio De Fiores, Mario Dogliani,, Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Angela Musumeci, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Carlo Smuraglia, Luigi Ventura, Massimo Villone, Ermanno Vitale. Pietro Adami, Felice Besostri, Anna Falcone Antonello Falomi, Domenico Gallo, Raniero La Valle, Giovanni Incorvati, Roberto La Macchia, Fabio Marcelli, Valentina Pazè, Paolo Solimeno.