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"Una sentenza importante sulla strage di Piazza della Loggia"

È passata quasi inosservata, nei giorni scorsi, una notizia pur di grande rilievo: la conferma, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza di condanna per due imputati della strage di Brescia. Una parola definitiva su una strage di 43(!) anni fa, una strage gravissima per le modalità e per gli effetti su tante persone e su un'intera città; una strage caratterizzata, prima di tutto, dal fatto di essere avvenuta in una piazza inerme, ma impegnata a protestare contro azioni ed iniziative fasciste. Lo ritenemmo - allora - un salto di qualità e pensammo ad una “vendetta”, al tempo stesso intimidatoria, perpetrata su una piazza che stava esercitando un suo diritto. Se a piazza Fontana si era voluto colpire un popolo indifeso e dedito a normali occupazioni, per creare il massimo della tensione possibile, nel caso di Brescia la strage era mirata a colpire chi osava protestare e mobilitarsi contro i neofascisti. Non si era mai osato tanto e se la brutalità e la violenza erano state, e restano, la caratteristica di tutte le stragi, in questo caso all'orrore si univa l'ammonimento politico, il tentativo di intimidazione contro chi osava alzare la testa in nome della democrazia.

Non a caso, attorno alla strage di Brescia gravitavano molti interessi, anche all'interno dello Stato. Non a caso vi furono incertezze, dirottamenti, piste sbagliate o false per ostacolare il corso della giustizia. Erano in troppi ad augurarsi che la verità non venisse alla luce e ad operare perché i colpevoli non fossero scoperti. Per questo ci sono voluti 43 anni per ottenere la sentenza che conferma la condanna di due soggetti, le cui motivazioni “fasciste” non possono essere seriamente contestate.

Sorprende il fatto che un autorevolissimo giornalista si sia scandalizzato “solo” per la “lentezza” della giustizia e sugli effetti negativi e di immagine che questo può provocare. È sfuggito, all'eminente giornalista, che non di “normale “ lentezza si è trattato, ma di giustizia a lungo denegata, dirottata, impedita da troppi fattori nemici della verità.

Certo, è una soddisfazione per tutti sapere che almeno due colpevoli siano stati individuati e condannati e che la matrice nera sia stata confermata, così come il contributo di soggetti la cui storia finisce per condurre all'interno di parti dello Stato.

Resta, tuttavia, il rammarico del troppo lungo tempo trascorso, la limitazione dell'accertamento delle responsabilità solo a due soggetti, mentre altri – invano perseguiti – risiedono comodamente all'estero.

E resta la gravità dell'indifferenza e del relativo silenzio con cui questa sentenza è stata accolta, dello stupore per la lentezza e non per la tardività e per i dirottamenti. Questo è ancora il vero problema del nostro Paese, che resterà insoluto almeno fino a quando su tutte le stragi (a partire da piazza Fontana) non ci sarà non solo una verità accertata ed acquisita sulle cause e sui ritardi successivi, ma anche la certezza delle responsabilità (giuridiche e storiche) di quanti – a quelle stragi – hanno dato diretto o indiretto sostegno.

È questa la ragione per cui alla nostra soddisfazione per la sentenza su Piazza della Loggia, si unisce l'ansia di conoscere finalmente tutta la verità su tutte le responsabilità dirette o indirette, comprese quelle attribuibili a pezzi dello Stato e quelle rilevanti non solo e non tanto sul piano giuridico, quanto su quello politico (e non sono le minori).

Carlo Smuraglia

(da ANPInews n. 251 - 28 giugno/4 luglio 2017)