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L'Umanità di Garibaldi

L’esperienza delle tre giornate organizzate dall’Anpi Nazionale e Anpi Sardegna, all’isola della Maddalena, ci hanno permesso di conoscere ed approfondire la ricca storia di una paese unico al mondo, l’Italia.
L’isola della Maddalena, Caprera, le terre che intorno al 1860 hanno ospitato l’uomo che voluto di più di tutti l’Unità d’Italia.
Il generale Giuseppe Garibaldi, uomo che ha dedicato tutta la sua vita a perseguire il suo obbiettivo, unire l’Italia.
Ha attraversato mari e monti, interi continenti, spesso accompagnato dalla sua cara moglie Anita, donna che ha segnato la vita del Generale.
In queste tre giornate, grazie alla straordinaria e meravigliosa disponibilità degli isolani, compagni sardi, abbiamo rivissuto e toccato con mano la vita di Garibaldi.
Abbiamo visto con i nostri occhi, ricalcato con i nostri piedi e toccato con le nostre mani la vita e gli obbiettivi del generale Garibaldi.
L’isola di Caprera dove è tutt’ora presente il luogo dove ha vissuto il generale con la sua famiglia, perfettamente conservato.
In questa visita abbiamo scoperto che Garibaldi era una persona molto modesta, che aveva a cuore la corrispondenza con le persone che gli scrivevano ed era un abile agricoltore.
Insomma non voglio stare qui a spiegarvi la sua vita, perché molti di voi la conoscono e queste cose le sanno.
Per noi e in particolare per me: il mio paese nativo non è l’Italia ma la Tunisia che tra l’altro intorno al 1830 ha avuto a che fare con Garibaldi.
Queste tre giornate ci hanno fatto valorizzare e discutere sul passato e il futuro dell’Italia.
L’importanza e la forza di un Paese unito, un popolo unito nella vita sociale e nel mondo lavorativo.
Unione che ci permette di affrontare con dignità le difficolta di questo mondo.
Noi giovani, per i quali il diritto all’istruzione pubblica viene sempre a meno.
Per i quali l’educazione civica è sparita dalla materie d’istruzione.
È stata un occasione unica e fondamentale, sicuramente da ripetere su tutti gli aspetti storici dell’Italia.
La nostra generazione, che un giorno potrà diventare la classe dirigente dell’Italia, deve e ha l’obbligo di conoscere appieno la storia di questo straordinario Paese.
Questo compito, è affidato anche all’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Viva l’Italia Unita, Viva la Resistenza!

Ramzi Ben Romdhane
Antifascista.

Pubblichiamo un articolo del prof. Manlio Brigaglia che ha illustrato la vita dell'eroe dei due mondi ai 50 giovani - tra i 16 e 30 anni - in visita all'isola della Maddalena su un programma di approfondimenti tematici organizzati dall'Anpi nazionale.

“Giuseppe Garibaldi, agricoltore”. Il Generale firma così, davanti al sindaco della Maddalena, il suo atto di matrimonio con Francesca Armosino. È il 26 gennaio del 1880. Il sindaco è dovuto andare a Caprera per la breve cerimonia, perché il Generale è quasi impossibilitato a muoversi. Ha 72 anni e mezzo, ma un’artrite fortemente debilitante si è aggiunta ai segni che gli ha lasciato una vita di avventure in mezzo mondo (anzi, in Due Mondi). Quando, nella primavera del 1882, farà a Palermo il suo ultimo viaggio, i medici non lo lasceranno sbarcare perché l’emozione dell’accoglienza potrebbe fargli male. Morirà poco dopo il ritorno a Caprera, alle sei e venti del pomeriggio del 2 giugno. Nella sua camera da letto, la sveglia è ferma a quell’ora, il calendario ha il foglietto di quel giorno.
I ragazzi venuti alla Maddalena il 23-25 settembre scorso su invito dell’Anpi nazionale e della Fondazione “Di Vittorio” l’hanno ritrovata per intero, quella memoria del Generale, soprattutto visitando il Compendio garibaldino di Caprera, guidati da Anita Garibaldi Jallet, bisnipote dell’Eroe e gentile sacerdotessa del suo culto.
Caprera, “l’unico luogo vero, l’unico luogo sacro del nostro Risorgimento”, ha scritto Mario Soldati. In effetti, cinquant’anni della biografia di Garibaldi fanno tutt’uno con il cuore del Risorgimento. L’anno iniziale è il 1833. In quell’anno, viaggiando come marinaio per il Mediterraneo, Garibaldi incontra sulla Clorinda il saintsimoniano Barrault e puntando su Taganrog (la città del mar d’Azov ha ancora oggi un suo monumento, sempre amato e da poco anche restaurato) un personaggio che chiamerà “il Credente”: da loro, missionari del credo rivoluzionario, riceve l’ispirazione libertaria e eroicamente utopica, in una parola l’amore per l’Umanità, che lo accompagnerà tutta la vita. Ma quel 1833 è anche l’anno in cui conosce Mazzini e si iscrive alla “Giovine Italia”.
Il fallimento dell’insurrezione di Genova lo spingerà a disertare dalla Marina sarda e a riparare in America Latina. Qui Garibaldi vive i suoi primi anni da guerriero: in qualche misura anche da guerrigliero, nelle battaglie sulla pampa, e da marinaio-corsaro nella lunga serie di lotte prima per la libertà della Repubblica del Rio Grande do Sul e poi in difesa dell’Uruguay contro il dittatore argentino Rosas. Sono anni avventurosi: Garibaldi sfiora cento volte la morte, ma anche vede e rapisce Anita. Quel dodicennio 1836-1848 fa diventare Garibaldi famoso nelle Americhe e in Italia. Presto in tutto il mondo.
Ma è l’Italia il luogo delle più grandi imprese del Generale. Dalla sfortunata Prima guerra d’indipendenza alla difesa della Repubblica romana, dalla partecipazione alla Guerra del ’59, preludio al “miracolo” della liberazione di tutta l’Italia meridionale, cominciata con poco più che mille compagni, alla Terza guerra d’indipendenza: combattendo sempre una “sua” guerra, sempre in urto con l’establishment militare piemontese prima e del Regno d’Italia poi, ma anche pronto al famoso “obbedisco” che interrompe la sua campagna in Trentino nel ’66 (vittoriosa, mentre l’esercito regolare è in rotta a Custoza e la flotta viene umiliata a Lissa).
Ma dal 1849 il sogno è il ritorno a Roma: a quella liberazione della Città dei Padri dal potere temporale dei papi, che i democratici italiani considerano da sempre il più grosso ostacolo all’unificazione d’Italia. Dalle sconfitte dell’Aspromonte e di Monterotondo, dove per due volte Garibaldi sarà arrestato dagli “italiani”, acquista forza la parola d’ordine che lui stesso ha lanciato: “O Roma o morte”.
Il 1870, l’anno di Porta Pia, è anche l’anno della sua ultima battaglia: ma a Digione, in Francia, per difendere la precaria democrazia nata sulle rovine dell’Impero di Napoleone III (uno dei grandi “nemici” di Garibaldi, che a Caprera aveva perfino dato il suo nome a uno dei suoi asinelli).
Dal 1855 Garibaldi ha cominciato a comprare e ad abitare l’isoletta: 15 chilometri quadrati di graniti e rada terra spazzata dal vento, che Garibaldi trasformerà in una azienda dove, contro le pigre credenze degli isolani, possono crescere tutte le piante e vivere ogni specie di albero. Qui vive gli ultimi suoi ventisette anni, visitato da persone e personaggi di mezza Europa, un Cincinnato già diventato mito. Davanti al grande masso dove – come dice D’Annunzio – “dorme il Leone in sepoltura” il ponente salino porta il respiro della Storia.

Manlio Brigaglia

Dettagli sull'iniziativa sono disponibili su: http://www.anpi.it/a532/