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Un presidio permanente per i luoghi della memoria

Un presidio permanente per i luoghi della memoria: questa la proposta che lancia Mirco Zanoni, dell'Istituto Alcide Cervi come commento-proposta allo sfregio compiuto al cippo partigiano di Campegine.

Qui di seguito il commento.

Visto dalla casa dei sette fratelli Cervi, simbolo di un intero territorio dalla spiccata vocazione resistenziale, è impossibile non sentirsi “parte lesa” dell’oltraggio vile perpetrato al cippo partigiano della Lora. Un elemento familiare del paesaggio campeginese, che quasi accoglieva chi arrivava in paese a monito di una storia antifascista costata tanti caduti. Proprio alla fine di via XXV Aprile, e sotto il cartello che suggerisce la direzione per il Museo Cervi.

Oggi la nuova viabilità ha mutato i percorsi abituali, ma i segni di quei sacrifici (e furono tanti non solo a Campegine), costellano la campagna e le strade della “pianurizzazione” reggiana della Resistenza, quando argini e fossi, vigne e campi divennero teatro di battaglia aspro quanto le valli appenniniche. Quel cippo che ricorda uno dei fatti di sangue più noti e cruenti della zona, alla vigilia della Liberazione, era già stato oggetto di scempio fascista, poche settimane fa. Stessa mano codarda e furtiva, che aveva appiccicato al volto dei partigiani caduti gli emblemi del regime, stickers odiosamente nostalgici, forse venduti in qualche non più tanto sperduto banchetto come fossero figurine di calciatori. Una mano pietosa e solerte, certamente di qualche campeginese offeso dal gesto, aveva silenziosamente rimosso quell’oltraggio, con la discrezione di una vigilanza civile che dovrebbe sempre essere attiva in ognuno di noi. Ma senza clamore, per non dare risalto ad uno sfregio ignobile.

Ora, nella reiterata provocazione, è scattata invece la mobilitazione da parte di tutte le istituzioni locali e da parte delle agenzie antifasciste. E’ un ottimo sintomo di salute civica, di un fronte compatto che, a prescindere dall’entità del gesto (meschinamente puerile), è pronto a scendere in campo perché non ci si abitui, non si alzino le spalle, non si minimizzi e si normalizzi anche questo. Ovvero la messa in discussione delle nostre radici storiche, delle nostre identità territoriali.

Di questa sollevazione unitaria, da parte offesa appunto, non possiamo che ringraziare sindaci, presidenti, organi di stampa, singoli cittadini che a partire dalla prima segnalazione non hanno sorvolato su questa piccola grande ingiuria.

L’antifascismo o è attualità, o non è; semplicemente. Il confronto tra visioni della civiltà, tra prevaricazione e libertà non è affar di storici, o di nostalgici, ma è urgenza quotidiana di cui tutti ci dovremmo occupare. Se ne sono accorti in tanti, rispondendo all’appello che abbiamo lanciato da Casa Cervi insieme all’ANPI nazionale lo scorso 25 luglio, per istituire una Zona Democratica, limite invalicabile da quanti ancora (violando la legge) inneggiano ai (ne)fasti del Duce.

Di gocce come queste purtroppo ne abbiamo viste tante: piccole e infime provocazioni sempre più ardite e impunite che stillano odio e negazionismo, erodendo con perseveranza i contrafforti storici della Costituzione. Tocca a questa generazione, e non alla prossima, fermare questa deriva, questo progressivo smottamento che qualcuno vorrebbe inesorabile, con il passare degli anni e l’indebolimento dei legami memoriali.

Non si tratta solo di ideali e proclami: ci sono azioni concrete da fare, e alla portata di tutti. La prima l’abbiamo vista proprio in queste ore, ed è non voltarsi dall’altra parte, non lasciar correre, ma denunciare e rispondere ciascuno nei propri ruoli pubblici e privati. La seconda è proseguire senza soluzione di continuità un percorso di conoscenza, racconto, se necessario rialfabetizzazione antifascista: grazie a quelle figurine fasciste, sui giornali è riapparsa la storia dei cinque caduti della bassa Val d’Enza sulla via della ritirata tedesca, il 23 aprile 1945. E di questo siamo enormemente grati a questi squallidi camerati nottambuli.

La terza costa poco, e attiene a come si decide di leggere il proprio territorio storico, a partire dalla toponomastica: i nostri paesi sono fitti di riferimenti e di segni della lotta per la libertà, una rete di luoghi di memoria che non sono solo cippi. Questi luoghi possono essere rianimati e popolati tutti i giorni, diventare percorsi pedonali per famiglie e studenti, affinché siano presidiati tutti i giorni, e non solo dal rituale doveroso del 25 aprile. In Germania le città sono piene di “pietre di inciampo” che nessuno può ignorare (turista o residente che sia). A Lubiana la cintura di filo spinato che strangolava la città occupata dalle truppe fasciste è diventata un percorso sportivo che i cittadini riempiono ogni domenica. Riportiamo la gente su quei luoghi, senza abbandonarli alle sinistre attenzioni di qualche indegno provocatore, e di certo gli sfregi e gli oltraggi saranno meno possibili, e di certo meno inosservati.

Trasformiamo quei luoghi che furono di morte e sacrificio, in luoghi di vita e di socializzazione, e nessuno oserà più profanarli, perché saranno di tutti e per sempre.

Mirco Zanoni, Istituto Alcide Cervi