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Bruno Schacherl

Nato a Fiume (oggi Rijeka, Croazia) il 14 maggio 1920, militante antifascista, giornalista, letterato.

La sua storia è un intreccio fra letteratura, militanza antifascista, giornalismo e teatro. Nato in una famiglia ebraica di origine cecoslovacca, che non ottenne la cittadinanza italiana, ha vissuto i primi anni della sua vita a Fiume, città di frontiera passata all'Italia dopo la guerra 1915-18.

Fu clandestino, apolide, senza patria, per una notevole parte della sua vita. Lui si è sempre sentito italiano e attorno ai vent'anni, il suo amore per l'Italia fu la spinta che lo portò ad avversare il regime fascista, a mettersi in contatto con il partito comunista nella clandestinità e a partecipare poi alla Resistenza. Si era laureato in Lettere a 21 anni a Firenze, con una tesi su poeti allora recenti (Saba, Ungaretti, Montale). E a Firenze mise le radici, quale allievo di Giuseppe De Robertis, suo assistente all'Università. Ed è proprio nell'ateneo, frequentando gli ambienti intellettuali, le famose "Giubbe rosse", che entra a fare parte della rete attiva contro la dittatura.

L'avvio lo riceve dal cugino, il grande pedagogista Lucio Lombardo Radice che lo mette in contatto con Vittoria Giunti e Bruno Sanguinetti, figlio del proprietario dello stabilimento Arrigoni di Sesto Fiorentino, che aveva a sua volta collegamenti con i nuclei operai di Rifredi e Sesto. Era l'estate '42. "Il mio lavoro politico nell'università acquistò allora una nuova dimensione - come ha scritto nel suo libro Come se, uscito nel 2002, edizioni Cadmo - sapendo di avere accanto le forze decisive già operanti nella società. Mi colpì in quei mesi la scoperta che non era poi tanto difficile convincere la gente a schierarsi. Non ce ne rendevamo conto compiutamente ma in quei mesi era in atto anche negli ambienti intellettuali e studenteschi un rapido e profondo processo di politicizzazione."

E così Schacherl riesce a reclutare giovani e intellettuali, fra cui Romano Bilenchi, che poi diventerà l'amico della vita, suo direttore al Nuovo Corriere. Il 25 luglio lo sorprende a Fiume. Rientra subito a Firenze, organizza assemblee all'università, dove si forma subito un fronte antifascista. Si incontra con Bitossi, Pratolini, Carlo Levi, Vittorini. Schacherl viene affidato dal partito ad un militante esperto come Sandro Susini, con il quale stampa e distribuisce volantini.

La sera dell'8 settembre, mentre i tedeschi occupano la città e disarmano i soldati italiani, Bruno è in Santa Croce per distribuire volantini del PCI che chiedono le armi per il popolo. La sua attività continua per gli altri mesi. La polizia fascista e i tedeschi intanto lo braccano. Bruno non ha neppure uno straccio di documento. Quando lo individuano e fanno irruzione nella sua abitazione, è costretto a nascondersi e a diventare ancora più clandestino. Firenze venne liberata l'11 agosto 1944. Bruno Schacherl iniziò quasi subito l'impegno di giornalista prima a Toscana Nuova, quindi al Nuovo Corriere diretto da Bilenchi, senza tralasciare la vita del PCI nelle sezioni territoriali.

È stato cronista a l'Unità di Firenze, fin quando venne chiamato dal Partito a Roma per lavorare alla Sezione centrale di propaganda. Venne più volte inviato a partecipare alle campagne elettorali del Sud; per un anno fu in Sicilia, conosciuto con uno pseudonimo. Poi tornò al giornalismo, al Contemporaneo, a l'Unità dal 1956 al 1967, dove fu il migliore dei redattori capo. A quel lavoro massacrante, affiancò quello di traduttore (Stendhal, Flaubert, Proust) e di critico teatrale, specialmente negli anni successivi, quando passò a Rinascita sotto le direzioni di Pavolini, Reichlin e Natta: anche qui una granitica colonna, il redattore capo.

Bruno Schacherl ottenne la cittadinanza italiana nel 1966, quando Mario Alicata, diventato direttore del'Unità, prese di petto la questione e quasi la impose al ministro degli Interni di allora, Taviani. Per i suoi novant'anni, i compagni che hanno lavorato con Schacherl, hanno deciso di festeggiarlo in una Casa del Popolo di Firenze.

(c.r.)