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Demos Malavasi

Nato a Novi di Modena il 2 novembre 1912, ucciso a Maranello (Modena) la notte tra l'8 e il 9 settembre 1943, operaio comunista.

Attivo, durante il regime fascista, nell'organizzazione comunista clandestina, non aveva ancora vent'anni quando fu arrestato per la prima volta. Deferito al Tribunale speciale, Demos Malavasi fu condannato (era il 24 febbraio 1932), ad un anno e mezzo di reclusione. Uscito dal carcere, il giovane operaio riprese l'attività antifascista sino a che non fu di nuovo arrestato. La seconda condanna (era il 1936), fu ancora più pesante: quattordici anni di reclusione.
Malavasi, scontata una parte della pena, uscì dalla prigione per amnistia. Ma non poté tornare a casa. Invece di essere liberato, infatti, fu confinato a Ventotene, dove restò sino alla caduta del fascismo. Il 29 agosto 1943, dopo sei soli giorni dal ritorno dal confino, il giovane operaio dovette di nuovo lasciare la sua casa perché richiamato alle armi. L'armistizio dell'8 settembre sorprese così Malavasi in una caserma di Maranello, dove si trovava un altro antifascista modenese, Mario Ricci, che sarebbe poi stato conosciuto come il leggendario "comandante Armando".
Intorno alle tre del mattino del 9 settembre, un reparto di soldati nazisti (sicuramente lì indirizzato dai fascisti locali), si presentò al portone della caserma, chiedendo soltanto dei militari Malavasi e Ricci. I due presero la fuga, ma mentre Ricci riuscì ad eclissarsi, Demos fu abbattuto con una raffica. La salma del giovane fu trasportata da amici a Novi, ma non nella casa dell'operaio antifascista dove stava, malata e inconsapevole, la madre di Demos. L'11 settembre una folla incalcolabile partecipò ai funerali del primo Caduto della Resistenza modenese.

È stato il più giovane partigiano modenese insignito del massimo riconoscimento al valore militare. Dice la motivazione della Medaglia d'oro: "Primo fra i primi nelle più rischiose imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena diciottenne partecipava alla dura lotta partigiana, rifulgendo in numerosi fatti d'arme per slancio leonino e per supremo sprezzo del pericolo. Durante un rastrellamento nemico, rimasto isolato con un compagno ferito, pur di non abbandonarlo, affrontava l'avversario soverchiante e dopo avere sostenuto l'impari lotta con il fuoco del suo mitra uccidendo tredici tedeschi, esaurite le munizioni impugnava la pistola e ne abbatteva altri due. Colpito a morte cadeva da eroe immolando la sua giovane esistenza per la resurrezione della Patria a nuovi destini."