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Guido Rattoppatore

Nato a Lione (Francia) il 14 giugno 1913, fucilato a Roma il 7 marzo 1944, operaio.

Figlio di un emigrato, all'età di due anni era rimasto orfano e la madre lo aveva riportato in Italia. Riuscì a frequentare soltanto le scuole elementari poi, dopo tanti piccoli lavoretti, fu assunto alle officine Atag di Roma, dove divenne operaio specializzato. Aveva la passione della bicicletta e per meglio coltivarla si era iscritto all'Unione Velociclopedistica Italiana. Il giovane partecipò così a numerose gare per dilettanti, sino a che non fu chiamato per il servizio di leva. Lo svolse in bicicletta, come porta ordini del ministero dell'Aeronautica. Congedato, Rattoppatore tornò all'Atag e cominciò ad avere i primi contatti con antifascisti romani. Nel 1936 il giovane operaio faceva parte della cellula comunista clandestina attiva nella zona di Campo dei Fiori. Scoppiata la guerra, il giovane fu richiamato. Servizio a Gorizia, come caporal maggiore di fanteria, e a Cisterna. L'8 settembre 1943, Rattoppatore entra subito in una formazione dei GAP romani e diventa presto capo settore e responsabile militare della IV zona della Capitale. Il giovane gappista organizza squadre di partigiani, allestisce depositi di armi e munizioni, raccoglie e trasmette notizie sui movimenti dei nazifascisti. Passa da una riunione all'altra, da un'azione armata all'altra. Collabora anche, con Gianfranco Mattei e Giorgio Labò, all'allestimento della "santabarbara" dei GAP di Roma, in via Giulia. Sul finire del gennaio 1944 mette a punto con un amico, Umberto Scattoni, un piano di attacco ad uno dei covi romani dei nazifascisti: l'albergo "Aquila d'oro". Quando i gappisti sono in prossimità dell'obiettivo, si accorgono che i tedeschi, messi sull'avviso da una spia, li stanno aspettando. A nulla serve la fuga per i vicoli della Capitale. Le SS, dopo aver catturato Guido Rattoppatore, lo rinchiudono - è il 28 gennaio del 1944 - nelle segrete di via Tasso. Un mese di sevizie (il giorno prima dell'esecuzione, al giovane gappista furono tagliate tutte le dita della mano destra), e poi la fucilazione, sugli spalti di Forte Bravetta.