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Alberto Marzoli

Nato a Bazzano (Bologna) l'8 marzo 1903, deceduto Bologna il 15 marzo 1978, falegname comunista, dirigente sindacale e politico.

Attivista del Sindacato del legno, Marzoli (nome di copertura Giglioli), nel 1922 si era iscritto al Partito comunista, nelle cui file militò per tutto il ventennio fascista e sino alla morte. Segretario della Federazione giovanile di Bologna negli anni dal 1924 al 1926, nel 1925, dopo uno sciopero dei falegnami per il quale era stato fermato e incarcerato per tre giorni, era riparato a Milano.

Qui diresse la locale organizzazione giovanile e il “Soccorso Rosso”. Nel 1926 era di nuovo a Bologna dove l’attentato a Mussolini del 31 ottobre fu il pretesto per il suo arresto, con altri dodici militanti comunisti e socialisti, e l’avvio al confino di polizia per tre anni. Liberato sul finire del 1929, il giovane falegname nel marzo del 1930 riuscì ad espatriare clandestinamente in Francia, dove lavorò al Centro estero del PCI.

Arrestato durante uno dei suoi frequenti rientri clandestini in Patria, Marzoli (imputato di essere membro dell’organizzazione comunista nelle fabbriche milanesi “Radaelli”, “Alfa Romeo” e “Marelli”), fu condannato a 12 anni e sei mesi di prigione.

Beneficiando della cosiddetta “amnistia del Decennale”, riprese l’attività antifascista in provincia di Bologna, ma nel 1936 fu di nuovo arrestato e condannato a 4 anni di confino alle isole Tremiti. Ci restò poco, perché essendosi ribellato all’imposizione del “saluto romano”, fu trasferito con un centinaio di compagni nel carcere di Lucera (FG). Nel 1940 nuovo periodo di confino a Matera, seguito (per motivi di salute) dal trasferimento a Bologna sotto sorveglianza.

Arriva l’8 settembre del 1943 e l’irriducibile falegname entra nel CUMER come ufficiale di collegamento del CLN per il Nord Emilia. Arrestato durante una missione a Bettola e incarcerato a Piacenza, Alberto apprende che il fratello Giovanni è Caduto combattendo contro i nazifascisti.

Una settimana di carcere e poi l’evasione e il ritorno a Bologna dove, alla Liberazione, il falegname comunista è designato dal CLN consigliere comunale in rappresentanza del suo partito. Ancora anni di attività politico sindacale e poi, nel 1968 la pubblicazione, per iniziativa dell’ANPPIA, del libro “Il prezzo della libertà”, nel quale è Marzoli a testimoniare sui “metodi persuasivi alla questura di Milano”, ai quali lui, come tanti altri antifascisti, aveva resistito.