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Claudio Cecchi

Nato a Pesaro il 20 gennaio 1922, partigiano, deceduto a Pesaro il 6 luglio 2013

Claudio Cecchi nasce da una famiglia della nobiltà marchigiana. Il nonno paterno Antonio era stato ufficiale di marina, cartografo e console nel Corno d’Africa, aprendo la via al colonialismo imperiale prima della sua uccisione in un’imboscata. Il padre, liberale e radicale, anch’egli diplomatico, fu destituito dalla carica di ambasciatore in Guatemala quando rifiutò la tessera del PNF a lui destinata in quanto dipendente pubblico. Con suo padre sotto il controllo dell’Ovra, gli studi di Claudio si compiono al Liceo Mamiani di Pesaro, fin quando non è arrestato dalla polizia politica per alcune scritte contro il regime tracciate di notte sui muri della città. In seguito a minacce e intimidazioni, trasferitasi tutta la famiglia in Francia, Claudio Cecchi si laurea in Giurisprudenza nel 1943 a Grenoble.

Nello stesso anno rientra in Italia perché chiamato alla leva ma, all’indomani dell’armistizio, è contattato dal CLN di Pesaro e a dicembre si aggrega alle nascenti formazioni partigiane. Raggiunge la zona di Cantiano ed è nominato commissario politico del distaccamento “Pisacane” col quale partecipa alla vittoriosa battaglia di Vilano (25-3-‘44) in appoggio al Battaglione “Picelli”, aggredito da 500 nazifascisti provenienti da Cagli. Nel territorio della frazione Paravento, il 19 giugno, altro duro scontro con la 4ª divisione alpini paracadutisti “Hermann Goering” in ripiegamento verso la Linea Gotica: dopo oltre ventiquattro ore di assedio, la vocazione diplomatica di Cecchi consente il rilascio di una trentina di ostaggi presi dai tedeschi, autori dell’eccidio di alcuni civili a Frontone. Poi, approfittando di una provvidenziale e fitta nebbia, tutto il gruppo di resistenti riesce a dileguarsi oltrepassando il versante del monte Catria.

Nel 1944, dopo la Liberazione della sua città, Claudio Cecchi è nominato dall’autorità prefettizia presidente della Provincia pesarese. Si iscrive al Pci ma se ne allontana per i fatti di Ungheria nel ’56; rimane in politica come consigliere e poi assessore al Comune di Pesaro e, successivamente, come presidente della locale azienda dei trasporti. Nel dopoguerra si dedica anche alla professione forense e all’insegnamento del francese. Negli anni ’70 si ritira dalla politica attiva, conservando la sua appartenenza all’ANPI e presenziando a ogni celebrazione della Resistenza.