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Don Primo Mazzolari

Nato a Boschetto (Cremona) il 12 novembre 1890, deceduto all'ospedale di Cremona il 12 aprile 1959, sacerdote e scrittore.

Di famiglia contadina, Primo Mazzolari fu consacrato sacerdote nell'agosto del 1914. Dopo una breve esperienza pastorale, come coadiutore dei parroci di Spinadesco e Boschetto, allo scoppio della Prima guerra mondiale, fu mobilitato come soldato di Sanità. All'ospedale militare di Cremona rimase poco perché, su sua richiesta, fu mandato in prima linea come cappellano. Tornò nel Cremonese soltanto nel 1921, dopo aver seguito, in conseguenza dell'armistizio, il Corpo di spedizione italiano in Alta Slesia.

Tra la poverissima popolazione bracciantile della riva sinistra del Po, don Primo si prese cura d'anime (in gran parte socialiste), a Bozzolo e poi a Cicognara. Ebbe così modo di assistere alle scorribande squadristiche delle bande fasciste di Roberto Farinacci e divenne, ben presto, quello che è stato definito "un prete scomodo": rifiutò di esporre il tricolore in occasione della marcia su Roma; respinse il pressante invito a cantare il "Te Deum!" in chiesa, quando Mussolini sfuggì all'attentato del 1925; non volle partecipare alla farsa elettorale del 1929.

La sua coerenza civile e religiosa valse a don Mazzolari un grande prestigio tra la popolazione, la simpatia dei democratici, non poche incomprensioni tra i confratelli e, soprattutto, l'odio dei fascisti. Questi – oltre a sollecitare l'invio al confino, per le sue prediche e per i suoi articoli giornalistici, di colui che, sino alla morte, sarebbe stato, dal 1929, il parroco di Bozzolo – giunsero a prendere a rivoltellate la canonica.

Don Primo dovette vedersela anche con il Santo Ufficio, che lo sospese dalla celebrazione della Messa e dalla predicazione, quando, dopo la pubblicazione di La più bella avventura, una riflessione sul Figliol prodigo che è stata definita una "teologia ecumenica", uscì nel 1935 il libro del sacerdote, intitolato Impegno con Cristo. Don Primo Mazzolari teorizzava una "rivoluzione cristiana" in una convivenza secondo giustizia, nella quale doveva realizzarsi l'egualitarismo economico.

Con tali idee, dopo l'8 settembre del 1943, il sacerdote partecipò attivamente alla lotta di liberazione, portandovi quei giovani che erano cresciuti al suo fianco. Finì per essere arrestato dalla polizia, ma venne rilasciato. Visse in clandestinità fino al 25 aprile del 1945, sottraendosi ai fascisti che avevano deciso di eliminarlo, come avevano fatto ventidue anni prima, nel Ferrarese, le squadre di Italo Balbo con il suo amico don Giovanni Minzoni.

Dopo la Liberazione l'ANPI di Cremona riconobbe al sacerdote, a pieno titolo, la qualifica di partigiano. Nei mesi in cui visse nascosto, don Primo, con altri testi per alimentare la Resistenza, ebbe modo di scrivere La rivoluzione cristiana, un libro nel quale erano tracciate le grandi linee che avrebbero dovuto guidare l'impegno cristiano nell'Italia democratica. Con la riacquistata libertà, don Primo Mazzolari cominciò a lavorare a fianco della Democrazia cristiana divenendo, dopo il 18 aprile del 1948, la coscienza critica del partito cattolico.

Nel 1949 iniziarono le pubblicazioni di Adesso, un giornale progettato da don Mazzolari per dare spazio alle "avanguardie cristiane". Il foglio ebbe non pochi problemi, sia con i governanti sia con le gerarchie ecclesiastiche; lo si accusò anche di essere finanziato dai comunisti. Ma quando don Primo riuscì, nonostante gli ostacoli frapposti da alcuni personaggi di Curia, ad incontrare il Papa, Giovanni XXIII lo ricevette molto calorosamente, appellandolo "tromba dello Spirito Santo".