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Giuseppe D'Alema

Nato a Ravenna il 15 maggio 1917, deceduto a Roma il 3 novembre 1994, laureato in scienze sociali e politiche, dirigente e parlamentare del PCI.

Suo padre, un ispettore didattico originario di Miglionico (Matera) era un antifascista. Giuseppe ne seguì le orme e, nel 1939, aderì al Partito comunista clandestino. Già segretario dei Giovani Universitari Fascisti, in seguito organizzatore di gruppi di opposizione al regime fascista negli Atenei di Bologna e di Firenze, Giuseppe D'Alema divenne dirigente della Federazione comunista di Ravenna. Dopo l'armistizio fu tra gli antifascisti che, l'11 settembre, si riunirono a Cervia, con Arrigo Boldrini, per dar vita alle prime formazioni partigiane del Ravennate, che sarebbero poi diventate la 28ma Brigata Garibaldi. Assunto il nome di battaglia di "Alberto", D'Alema contribuì alla nascita, a Conselice, del foglio partigiano Il Garibaldino e, per quasi tutto il 1944 fu il principale redattore de La Lotta, quindicinale delle federazioni comuniste romagnole che fu diffuso, con molti rischi, tra le popolazioni della zona. Nel settembre del 1944, Giorgio Amendola e Ilio Barontini mandarono "Alberto" a Ferrara per ricostruirvi, in rappresentanza del CUMER (Comando Unico Militare Emilia Romagna), il CLN locale, che era stato decimato dai nazifascisti. In stretto contatto con Boldrini (Bulow), D'Alema riorganizzò la 35ma Brigata Garibaldi "Bruno Rizzieri", spostandosi tra Ferrara ed Argenta sempre braccato dai fascisti, sino a che i dirigenti della Resistenza non ne decisero il trasferimento in bassa Romagna, come responsabile politico e ufficiale di collegamento del CUMER. Di quel periodo una lettera di "Alberto" a "Bulow", nella quale si riferisce di come D'Alema, fermato dai fascisti, riuscì a salvarsi scagliando contro i "neri" una bicicletta e fuggendo a piedi per oltre un chilometro, tra il sibilo delle pallottole. Sarebbe sicuramente stato raggiunto se non avesse incontrato nella fuga un altro partigiano (Arnoldo Azzi), che gli diede la sua bicicletta e che finì così per essere catturato dai fascisti. Dopo la Liberazione, per "Alberto" (e per la moglie, Fabiola Modesti, e i figli Massimo e Marco) cominciò la vita dei funzionari di partito. Dirigente del PCI in Veneto, in Emilia e infine in Liguria, Giuseppe D'Alema fu eletto deputato, per cinque legislature consecutive, nella circoscrizione di Genova. Fu, di volta in volta, membro della Commissione Bilancio, presidente della Commissione Finanze e Tesoro, vice presidente del Gruppo parlamentare comunista.