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Stenio Polischi

Nato a Motteggiana (Mantova) nel 1923, impiccato a Bologna il 23 agosto 1944, manovale edile, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria.

Al momento dell'armistizio si trovava, come marinaio di leva, a La Spezia. Fuggito per tornare in famiglia, si era fermato a Bologna presso alcuni parenti. Di qui, all'inizio del 1944, aveva raggiunto i patrioti della Brigata "Stella Rossa", guidata da Mario Musolesi e operante tra Marzabotto e Vergato. Passato poi nella zona di Montefiorino aveva partecipato, con i partigiani della Divisione "Modena", tra il 29 luglio e il 2 agosto, alla battaglia per la difesa di quella "libera Repubblica". Mandato in missione a Bologna, Stenio, che era in compagnia della sorella Leda, fu sorpreso dai fascisti al capolinea del tram per Casalecchio. Fece fuggire Leda e affrontò i nemici a colpi di pistola. Riuscì ad abbattere un milite, ma fu catturato e subito portato in via Siepelunga, dove era il covo del caporione fascista Tartarotti. Qui Stenio Polischi (altri antifascisti avrebbero poi raccontato delle sadiche sevizie a cui il giovane fu sottoposto), fu a lungo torturato. Il suo calvario si concluse con l'impiccagione in via Venezian (una semplice lapide lo ricorda nel luogo del sacrificio). Il giovane partigiano era stato tanto straziato che fu appeso, morente, con il viso avvolto da bende: i passanti non dovevano rendersi conto della ferocia dei fascisti. Il corpo di Stenio Polischi fu lasciato penzolare con un cartello sul petto; vi era scritto: "Ribelle catturato dall'ultima sua vittima". Dopo l'impiccagione di Stenio, il fratello sedicenne, Ermete, entrò nella Resistenza. Sarebbe caduto anche lui alla vigilia della Liberazione. A Stenio Polischi è stato intitolato un viale di Bologna. La motivazione della Medaglia concessa alla sua memoria dice: «Giovane combattente della libertà, si prodigò con entusiasmo sino dagli albori della lotta di liberazione ripetutamente distinguendosi per coraggio, per iniziativa e per decisione. Incaricato di portare un messaggio al comando partigiano di Bologna, venne sorpreso dal nemico. Ingaggiò combattimento ed esaurite le munizioni, prima di cadere in mani nemiche si preoccupò di distruggere il documento affidatogli. Lungamente e tormentosamente interrogato, mantenne contegno esemplare nulla rivelando e nel nome della Patria affrontò da forte il martirio della forca».