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Dirce Scarazzati Giuntoli

Nata a Milano il 15 dicembre 1920, deceduta a Empoli (Firenze) il 21 aprile 2002, domestica.

Per sfuggire alle persecuzioni dei fascisti, la sua famiglia (il padre, spazzino a Milano, era stato licenziato per non aver voluto "prendere la tessera del Fascio", il fratello maggiore, Raoul, si era iscritto al PCdI dalla fondazione), nel 1931, aveva dovuto riparare in Belgio. Gli Scarazzati si erano poi trasferiti in Francia e si erano fatti agricoltori. Nel 1936, quando Raoul era andato in Spagna a combattere per la Repubblica, la ragazza aveva preso i primi contatti con la cellula comunista clandestina del paesino dove abitava e dove era "andata a servizio". Due anni dopo, Dirce si trasferisce a Parigi, entrando a tempo pieno nell'organizzazione del Centro estero del PcdI.
Nella primavera del 1939 la ragazza è incaricata di rientrare in Italia, per collegarsi con l'organizzazione clandestina di Ancona, ma cade nelle mani dell'OVRA. Incarcerata, resiste agli interrogatori, poi è trasferita al carcere di Marassi, a Genova, e deferita al Tribunale speciale. Processata con altri ventiquattro imputati di varie regioni, il 2 febbraio 1940 Dirce Scarazzati è condannata a otto anni di reclusione per "associazione e propaganda sovversiva". Sconta la pena nel Carcere di Trani.
Liberata il 23 agosto del 1943 la giovane raggiunge Milano e qui, dopo l'8 settembre, riprende la lotta antifascista, organizza la propaganda, mantiene i contatti tra il CLN e le fabbriche. Poi Dirce passa a Torino, dove diventa "staffetta" delle formazioni partigiane.
Quando, finalmente, l'Italia è liberata, la ragazza torna nella sua città natale, organizza l'Unione Donne Italiane e ne diviene la segretaria provinciale. Trasferita a Roma, all'Organizzazione del PCI, vi resta poco. A febbraio del 1946 è in Puglia, a dirigere il "lavoro femminile". A Bari incontra un funzionario comunista toscano, Aldo Giuntoli. I due si sposano ed Empoli diventa per Dirce la sua nuova città, dove continuerà le battaglie per la pace e la democrazia.
Amica fraterna di Rina Chiarini, quando le toccò il triste compito di rivolgerle l'estremo saluto disse: "Se la vita dei morti è nella memoria dei vivi, allora Rina e Remo sono con noi". Anche Dirce resterà nella memoria di quanti l'hanno conosciuta.