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Emancipazione femminile: la battaglia continua


un montaggio dei momenti salienti


La locandina del convegno [250Kb]
LETTURE - Aglaia Zannetti - 1° parte [61Kb]
LETTURE - Aglaia Zannetti - 2° parte [67Kb]
Abstract dell'intervento di Mantegazza [49Kb]
Abstract dell'intervento di Lunadei [99Kb]
Abstract dell'intervento di Gagliani [21Kb]


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A Milano l'Anpi ha aperto le celebrazioni per il 70° dell'inizio della Lotta di Liberazione - che vedrà l'associazione impegnata in iniziative su tutto il territorio nazionale per i prossimi tre anni. Lo ha fatto dedicando un convegno alla questione femminile e alla storia delle donne.
“La violenza e il coraggio. Donne, fascismo, antifascismo, Resistenza. Ieri e oggi”, questo il tema della manifestazione che si è svolta il 16 marzo a Palazzo Marino, la prestigiosa sede municipale, con il patrocinio del Comune di Milano.

Un salone gremito di persone di tutte le età, con tanti studenti seduti per terra fin sotto al tavolo dei relatori per un convegno vivo, caratterizzato da un intenso dialogo fra la platea e gli storici, con numerosi interventi del pubblico ricchi di spunti e di squarci sul presente.
La partecipazione di iscritti Anpi provenienti dal Sud quanto dal Nord Italia ha infatti permesso di non trascurare e di confrontare problematiche anche specifiche ed emblematiche.

Un convegno di riflessione storica e d'attualità ben dosato fra memoria, ricerca, questione sociale, che ha premiato la determinazione del coordinamento femminile delle donne dell'Anpi che l'ha ideato e organizzato.
Perché si è iniziato con la questione femminile ieri come oggi? Perché – ha risposto il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia – non era e non è un problema che riguarda solo le donne, è una questione nazionale che riguarda il presente e il futuro di tutti noi”.
Partendo dall'analisi del terreno culturale, sociale e politico degli anni del fascismo, si è cercato di comprendere le radici dell'oggi e di ragionare su come agire per il futuro.

Centrali il concetto di 'violenza' e di resistenza, declinata in varie forme. Una violenza che è modalità tipicamente maschile di risolvere i conflitti, come ha spiegato Lidia Menapace introducendo il convegno. Violenza che è purtroppo un filo conduttore della storia delle donne, fatta di conquiste recenti che la giornata ha evidenziato in tutta la loro fragilità.
Smuraglia ha citato l'articolo 3, un cardine della Costituzione.

“La questione di genere è sempre e solo stata considerata sociale, culturale, ma è politica e attiene al potere. Il fascismo ci ha messo del suo ma ha attinto da un retaggio che veniva da lontano e che non è caduto del tutto con lui”.
Inevitabile il riferimento all'oggi, alla piaga dei femminicidi legati alla concezione proprietaria della donna, la quale attiene a tutte le culture e rappresenta un problema essenziale della nostra civiltà.

A Simona Lunadei, della Società italiana delle storiche, il compito di entrare nel vivo del convegno con il tema: “Il fascismo contro le donne: l’ideologia, le leggi”. Lunadei ha rimarcato quanto il sessismo venga da lontano e quanto nell'epoca contemporanea sia stato presente in ogni schieramento politico. Il fascismo vi introdusse una novità: lo assunse e lo articolò dedicando una particolare attenzione alla gestione del tempo e della cultura delle donne.

Mussolini aveva coscienza che senza il consenso femminile alle imprese coloniali e al sacrificio il rischio di fallimento della tenuta sociale sarebbe stato estremamente alto. Il fascismo rimarcò l'inferiorità genetica della donna, la rivendicò relegandola al ruolo di madre e angelo del focolare. Approntò una serie di leggi per limitarne l'impegno lavorativo oltre le mura domestiche, leggi sostenute da un'attenta propaganda sugli effetti nocivi del lavoro non casalingo sulla fertilità e dunque sull'essenza stessa della donna. Nonostante la visione retrograda e rassicurante del ruolo femminile, il regime pose la questione, certamente per marcarla e contenerla, ma vi dedicò un'attenzione inedita.
Una mobilitazione di massa che incise sulla determinazione delle donne a scegliere da che parte stare, contro o a favore del fascismo. Si sentivano chiamate in causa, ormai soggetti della vita politica e culturale. Sentimento di impegno che è stato trattato da Dianella Gagliani nell'intervento: “La scelta della Resistenza: guerra alla guerra e affermazione di diritti”.

In ambito sia femminile che maschile la scelta della Resistenza rappresentava una disobbedienza, un'opposizione a chi deteneva il potere, espresso soprattutto dalle armi. Contrastarlo significava rischiare, accettare di rischiare, la vita. Ecco il 'coraggio' del titolo del convegno, un coraggio però morale, rispetto a quello fisico rivendicato dal fascismo.

Gagliani ha illustrato i differenti terreni culturali da cui provenivano gli antifascisti e la posizione delle donne, le quali seppero mobilitarsi spontaneamente, per scelta libera ispirata dalla loro coscienza ed esperienza, perché non renitenti alla leva e quindi costrette ad un'adesione o alla fuga. Ed è così, con la discesa in campo delle donne ad esempio attorno al 25 luglio del 1943, che si ha un primo fenomeno allargato di opposizione al fascismo che amplifica la base degli oppositori strettamente politici.
L'arresto di Mussolini segnò una svolta non solo nella macro-storia ma anche in quella meno evidente. Nelle manifestazioni spontanee di gioia e di rifiuto dei simboli del Ventennio troviamo molte ragazze, di fatto alle loro prime manifestazioni libere dove, come a Milano, alcune si improvvisarono perfino oratrici nei comizi.
Fu questo un primo momento di scelta, sia per chi era contro che a favore del fascismo.
E le donne, con questa discesa in campo volontaria, anche generosa, irruppero nell'antifascismo con rivendicazioni e aspirazioni inedite, vivendo la Resistenza come primo terreno di sperimentazione del mondo nuovo basato sull'uguaglianza, il rispetto, il merito, fino alle rivendicazioni dei diritti politici non solo legati al voto ma anche al diritto di essere elette.
Non è un caso se nel programma dei Gruppi di difesa della donna, Gdd, ritroviamo la coesistenza delle richieste paritarie con la volontà di costruire un tessuto sociale lontano dalle ideologie e dalle pratiche violente. Giustizia sociale e ripudio della guerra caratterizzarono l'azione resistente e di ricostruzione dell'impegno femminile.

A Raffaele Mantegazza, pedagogo, il compito delicato di affrontare il presente con l'intervento: “Sebben che siete (ancora) donne. Espropriazione e resistenza del femminile oggi”.
Il problema, ha precisato, è essenzialmente educativo se vengono costantemente riproposti, inconsciamente o meno, modelli culturali sessisti. Ogni epoca è diversa dalle altre ma alcuni aspetti tornano come nel caso della violenza contro il femminile, violenza di genere deideologizzata, che riconosce importanza non a chi ha davanti in quanto tale ma appunto al genere. Il fare violenza perché si può fare violenza, perché il femminile attira violenza, concetto sicuramente diffuso negli anni del nazifascismo quando tante persone 'normali' si lasciarono andare a brutalità.

Oggi, per contrastare dal punto di vista educativo un bagaglio culturale di questo tipo, si deve partire dall'attenzione al linguaggio; parallelamente deve essere innescato un meccanismo per scardinare le dinamiche relazionali sedimentate che continuano ad alimentare un'autentica ideologia della violenza.

Il coraggio della donna, in casi di violenza fisica e/o psicologica, si esprime con l'andare via, contestare sottraendosi fisicamente alla situazione che la vuole nel solito ruolo.

La donna che se ne va non collabora, non si presta a riprodurre schemi e devianze. La fuga come evoluzione, in opposizione all'educazione che insegna all'uomo, specie in guerra, a non scappare. La donna invece andandosene afferma la propria individualità. Andare per cambiare, ammettendo la possibilità del ritorno. Sottrarsi insomma all'idea di proprietà, alla base dei femminicidi, sintomo di un amore non adulto che non ammette che l'altro viva al di fuori del legame. Relazioni di potere che la donna, sottraendovisi, può scardinare.
Una relazione, quella del professore Mantegazza, fra il pedagogico e il filosofico, che traccia i passaggi evolutivi del rapporto fra i generi nella sfera privata, necessari ad innescare cambiamenti reali e duraturi in quella sociale e politica, dove la donna non risulti subalterna al maschio dominante. “Perché la donna – ha concluso - non è l'altra metà del cielo, è un altro cielo”.
Una giornata intensissima di cui Marisa Ombra, vice Presidente nazionale Anpi, ha avuto il delicato compito di tirare le fila.
“È una giornata che ci impegna, come donne e come associazione, ha dichiarato. Cosa c'è di ancora attuale dell'esperienza delle donne nel Ventennio e nella Resistenza? La Resistenza fu un rivolgimento, segnò la fine di una storia per dare inizio ad una nuova, ma quanto di quel rivolgimento ha cambiato profondamente il Paese? Quanto è rimasto? La frattura del 1943-45 - ha affermato -, non è arrivata fino in fondo ma si è in parte ricomposta, riconfermando la cultura dominante”.

Il fascismo bloccò il movimento di emancipazione femminile così come si era dato fino agli anni '20 del Novecento, un movimento che nel '45 dovette ripartire da zero, in una battaglia mai conclusa e più che mai attuale.
“Oggi non c'è un nemico armato di fronte a noi – ha concluso la Ombra – ma c'è da fare una battaglia culturale, che si accende con domande, suscitando dubbi, vigilando. Un'altra politica è possibile, gioiosa, di impegno, e la cultura antifascista è fondamento di ogni battaglia.
Noi donne dell'Anpi ci impegniamo a far arrivare al maggior numero di donne il messaggio di questo convegno”.

Gemma Bigi

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