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"Perché la querela di Giorgia Meloni a Luciano Canfora è contro tutti noi"

Come ha opportunamente scritto su Repubblica Corrado Augias “un capo di governo non dovrebbe mai portare in giudizio un cittadino, in particolare quando si tratta di opinioni”. Succede, invece e purtroppo, nel caso del professor Luciano Canfora. Per analogia c’è da ricordare che il ministro Francesco Lollobrigida ha querelato per diffamazione la filosofa Donatella Di Cesare e il rettore dell’Università per Stranieri di Siena Tomaso Montanari, mentre la sottosegretaria Isabella Rauti ha querelato lo storico Davide Conti. Cosa sta succedendo?
In un rapporto del 2023 di “Reporter senza frontiere” in merito alla libertà di stampa è scritto che “i giornalisti a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, o conformarsi alla linea editoriale della propria testata, o per evitare una denuncia per diffamazione”. In sostanza si denuncia l’uso della querela come strumento di intimidazione per limitare la libertà d’opinione. La cosa vale per i giornalisti e più in generale per gli intellettuali. Eppure l’art. 21 della Costituzione sancisce il diritto di manifestare il proprio pensiero con un bellissimo avverbio: liberamente.
La domanda è: perché autorevoli personalità del mondo della cultura italiana sono state chiamate in giudizio da personaggi del governo, tutte in merito al reato di diffamazione e tutte per affermazioni di natura politica? C’è una colossale sproporzione fra il potere dell’intellettuale o del giornalista e il potere del governo; ciò rivela una volontà intimidatoria che fra l’altro danneggia l’immagine internazionale del Paese da parte di chi si professa con scarsa coerenza campione di italianità: l’allarme lanciato dal quotidiano francese Liberation e sottoscritto da un rilevantissimo numero di accademici a difesa del grande filologo classico italiano lo conferma.
Scriveva Piero Calamandrei: “la libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent'anni”. Ebbene, dopo quasi ottant’anni di repubblica, l’aria si sta facendo sempre più irrespirabile. L’informazione pubblica è totalmente nelle mani del governo, si approvano provvedimenti che consentono posizioni di privilegio al governo nel dibattito pubblico persino in campagna elettorale, ci si avvita in una continua repressione dei cortei e delle manifestazioni, troppe volte risolti a suon di manganello.
Il processo intentato dalla Presidente del Consiglio nei confronti del professor Luciano Canfora manifesta un sottotesto sempre più distinto di una destra estrema che ha le sue radici nel ventennio fascista e nelle sue nostalgie. In quel ventennio, esattamente nel 1931, si impose ai docenti universitari il giuramento di fedeltà al regime fascista a cui si sottrassero soltanto 12 accademici.
Certo, altri tempi e ben altra gravità del regime violento e totalitario. Eppure non sfugge l’attacco alla libertà della cultura e l’idiosincrasia verso qualsiasi voce dissenziente, a maggior ragione se autorevole. Parlo dell’attuale governo, più precisamente del partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, e della Presidente del Consiglio che, nonostante rocambolesche peripezie lessicali, non è mai riuscita a pronunciare la parola antifascismo. In compenso trascina in giudizio uno dei più autorevoli intellettuali del Paese. Evidentemente arde ancora la fiamma del Movimento Sociale Italiano che continua ad apparire nel simbolo di Fratelli d’Italia. E non si tratta solo di icone. Basti pensare al disegno di legge sull’elezione diretta del presidente del consiglio. Giorgio Almirante, 1983: “ Per assicurare stabilità politica occorre che il capo del governo non sia tratto fuori dal forcipe della partitocrazia ma venga nominato direttamente dal presidente della Repubblica. E perché quest’ultimo possa farlo occorre che a sua volta non sia servo della partitocrazia ma venga eletto direttamente dal popolo. Ecco i lineamenti di una Repubblica presidenziale moderna”. Ed ecco le radici politico-culturali di Giorgia Meloni.
Il 16 aprile si apre il processo al professor Canfora con l’udienza predibattimentale. Nove giorni dopo celebriamo la festa della Liberazione, un 25 aprile che vorremmo sia davvero liberamente liberatorio. Facciamone una giornata memorabile, un appuntamento straordinario a cui non si può mancare, una barriera insormontabile contro qualsiasi attacco alle libertà. Vorremmo continuare a dire, a urlare e a cantare “Viva l’Italia antifascista!” senza il pensiero che qualcuno ci chieda le generalità.

Gianfranco Pagliarulo

(Su la Repubblica - ed. BARI - del 12 aprile 2024)

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