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Vito Artale

Nato a Palermo il 3 marzo 1882, ucciso alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, tenente generale del Servizio tecnico di artiglieria, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Aveva partecipato alla guerra di Libia e alla Prima guerra mondiale. Dal 1929 fu vicedirettore della fabbrica d'armi di Terni e poi direttore, a Roma, del Laboratorio di vetrerie ottiche dell'Esercito che, sotto la sua guida, divenne il più importante impianto italiano per la produzione di vetri ottici.
Dopo l'occupazione tedesca della Capitale, Vito Artale entrò nella Resistenza. Non a caso il suo nome è inciso sulla lapide che, a Montesacro, ricorda i tredici Caduti del quartiere romano. Artale (che era in contatto col Fronte militare clandestino del colonnello Montezemolo), organizzò il sabotaggio negli stabilimenti militari alle sue dipendenze, sottraendo agli occupanti e ponendo in salvo materiali di inestimabile valore militare e, quando ciò non era possibile, rendendo le apparecchiature inutilizzabili.
Arrestato dalla Gestapo il 9 dicembre 1943, il tenente generale fu rinchiuso nelle segrete di via Tasso e vi rimase (spesso torturato nonostante fosse gravemente malato), per quasi quattro mesi, sino a che i nazisti decisero di eliminarlo alle Ardeatine. A Vito Artale, dopo la Liberazione, sono state intitolate caserme a Piacenza e a Roma. Anche una via di Roma porta il suo nome.
Questa la motivazione della Medaglia d'oro che è stata concessa alla memoria di Artale: "Dirigente delle Vetrerie d'ottica del Regio Esercito che con appassionata, intelligente abnegazione aveva portato ad alto grado di perfezione produttiva, svolse subito, dopo l'occupazione di Roma, in collaborazione con i suoi fidi, intensa attività allo scopo di mettere in salvo e sottrarre alla furia distruttrice e spogliatrice nazifascista, documenti e materiali di cospicuo valore militare e civile e di rendere inutilizzabili apparecchiature e macchine. Tale azione di sabotaggio, compiuta con temerarietà sdegnosa di ogni prudenza, sotto gli occhi dei tedeschi e negli stessi locali da essi presidiati, sospettata prima, scoperta poi, condusse al suo arresto. Dopo tre mesi e mezzo di carcere serenamente sopportato, il 24 marzo 1944 fu trucidato alle Fosse Ardeatine. Esempio luminoso di attaccamento al dovere, di senso di responsabilità e di fortezza d'animo spinta fino al sacrificio della vita coscientemente immolata nell'esaltazione fervida dell'ideale supremo della Patria".