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Calendario taroccato della Provincia di Padova

E sì, al palazzo della Provincia di Padova è arrivata la Befana. Con un bel sacco di carbone per il presidente Degani. Che ha avuto una grande pensata, far stampare, niente di meno, che un bel calendario dove sono state cancellate ben due feste nazionali: 25 Aprile e 1° Maggio. Ossia, le due giornate simbolicamente costitutive della nostra Repubblica nata dalla liberazione dal nazifascismo e fondata sul lavoro. Sull’iniziativa ci sono state estese proteste. A partire dal Comitato provinciale dell'Anpi che ha chiesto il ritiro del calendario. Invitando i comuni a rispedirlo al mittente come già ha fatto qualche sindaco.

Qui di seguito pubblichiamo il comunicato del “Comitato 3R" (Risorgimento Resistenza Repubblica), la lettera di uno studente e l'intervento di Mauro Sonzini, studioso di Resistenza e Democrazia, coordinatore ANPI bassa valle Susa e val Sangone.


Comunicato del comitato 3R.
La Giunta Provinciale di Padova ha prodotto e diffuso un calendario che, alle date del 25 Aprile e del 1° Maggio, non riporta le denominazioni delle Feste Nazionali che in quei giorni si celebrano, in tutta Italia, rispettivamente quella della Liberazione dal Nazifascismo e quella del Lavoro.
Queste ricorrenze vengono colpevolmente taciute ed ignorate.
Si tratta di una prova grave e preoccupante di completa ignoranza di due fondamenti della storia e della tradizione della nostra Repubblica:la Resistenza contro il Nazismo e il Fascismo e l’ azione dei lavoratori per il progresso, la democrazia e la giustizia sociale. Questo piccolo e sciagurato gesto dimostra che la Giunta Provinciale d Padova disconosce la Costituzione Repubblicana.
Nei suoi principi fondamentali essa si ispira, infatti, a valori di solidarietà, di pacifismo, di democrazia politica ed economica, nonché al pieno riconoscimento dei diritti della persona e delle formazioni sociali. In Italia questi valori storicamente si avverano nel momento in cui scendono in campo cittadini organizzati, uniti e coscienti. Di questa discesa in campo furono momenti esaltanti e fruttuosi la Resistenza al fascismo, armata e disarmata e le lotte sociali e sindacali dei lavoratori.
Il Comitato 3R di Padova chiede il ritiro del Calendario e invita comunque tutti i Sindaci della Provincia di Padova, come meritoriamente ha già fatto il Sindaco di Solesino, a restituirlo al mittente. Infine il Comitato 3R, riconoscendo che revisionismo e disprezzo della Costituzione sono il nuovo terreno di lotta e di governo della Lega Nord, propongono alla tipografia stampatrice del Calendario di inviare a questo Partito la relativa fattura.
Paolo Wieczorek, per il Comitato 3R

LETTERA DI UN GIOVANE STUDENTE PADOVANO SUL CALENDARIO TAROCCATO DALLA PROVINCIA DI PADOVA


Sono sconcertato dall’ennesima idiozia a opera dell'Assessorato all'identità veneta del leghista Comacchio. Mi riferisco al calendario prodotto dalla provincia e consegnato a tutte le amministrazioni comunali perché venga distribuito in tutte le scuole. In questi calendari mancano le festività del 25 aprile, Festa della Liberazione, e il primo maggio, la Festa dei Lavoratori.Siamo di fronte a qualcosa di raro squallore politico, l’ennesima azione grave e irrispettosa nei confronti dell'intero Paese. Andando con ordine siamo anzitutto di fronte ad un ignobile spreco di denaro pubblico in un momento di crisi economica. Nulla vieta alla Lega di stampare a spese proprie un calendario e di spedirlo a chicchessia ma un assessore provinciale non è certo un uomo di partito, bensì un funzionario pubblico che non può permettersi tali orrori proprio in virtù del prestigio e dell’importanza della carica che ricopre. Le istituzioni sono anche mie, i soldi sono anche miei e sarei consolato dal fatto che i miei diritti e i miei soldi fossero rispettati. Il secondo fatto spregevole è che con questa grave mancanza si offendono i nostri unici eroi e la loro memoria, morti per liberarci dai nazifascisti, e quella di quanti lavorano o sono morti per il lavoro. il 25 aprile è l’evento fondante del nostro vivere civile, quello che fa di noi un popolo indipendente e libero. Infatti con la Resistenza abbiamo conquistato la nostra indipendenza e la nostra unità nazionale. Per seicento giorni l’Italia fu spaccata in due e la Resistenza fu in primis volontà di riunificare nella libertà e nella democrazia quanto viltà di re, pavidità di politici, viltà di alti comandi militari e illusione di dittatori al tramonto avevano spezzato. Ben segnate nel calendario imputato troviamo il 28 febbraio, il ''Bati marso'', il 25 marzo la ''terza edizione della Festa del Popolo veneto'' e ancora la ricorrenza della mamma o dei nonni.
Mancano all'appello solo quelle due ricorrenze che contengono valori fondanti. Bisogna ricordare alla giunta provinciale che una pianta muore se viene privata delle sue radici, proprio ciò che si sta facendo in Italia dalla più piccola amministrazione allo stato centrale. Si sta portando avanti un revisionismo codardamente nascosto ma strisciante. Tuttavia se qualcuno deve ricorrere a questi mezzucci per richiamare la propria identità vuol dire che l'ha già persa. Ahimè è doloroso constatare che questa legislatura provinciale di centro-destra finora sia riuscita a distinguersi a livello nazionale, e non solo, già ben poche volte ed il motivo sono, nei casi più noti, dichiarazioni offensive e gratuite contro il diverso. La sostituzione della Liberazione con la Festa di San Marco non rispetta l’identità veneta anzi la infanga poiché tale giunta non sa, non ricorda o non ha studiato nulla riguardo le medaglie d’oro al valore militare conferite alla provincia di Pordenone, alla città di Vicenza, di Belluno, di Treviso, di Bassano e all’Università di Padova per il contributo alla Resistenza. L'assessore Comacchio si è difeso in maniera stravagante dicendo che le feste mancanti si possono segnare in penna, e che nulla vieta agli insegnanti di affrontare in classe l'argomento delle feste nazionali: Il commemorare l’identità nazionale quindi non spetterebbe quindi alle istituzioni bensì alla discrezionalità dell’insegnante, altro pessimo esempio di educazione civica dal mondo della politica. C’è da chiedersi cosa penserà il resto d’Italia e d’Europa di una provincia che dimentica la ricorrenza che ne fonda le libertà, che dimentica chi lavora e chi ha versato il sangue per la democrazia, con tali azioni si dipinge il popolo veneto come polentone ignavo della propria storia e cultura. Stando al principio del “chi sbaglia paga” la punizione esemplare per questo assessore dovrebbe essere scrivere 50 mila volte “Viva l’Italia”, una per ciascuna stampa e su ciascun calendario distribuito. Ma la caduta di stile ha toccato livelli inimmaginabili con le dichiarazioni dell’assessore regionale Maurizio Conte (Lega), il quale non ha dubbi sul fatto che la festa di San Marco, all'interno di un calendario promosso dall'Assessorato all'Identità veneta, ha priorità sulla Liberazione, mentre afferma che per il primo maggio dovrebbe esserci un almanacco che riporta la festa del lavoratore tutti i santi giorni. Nei fatti però i due leghisti dal loro calendario trovano opportuno cancellare l’unica ricorrenza per celebrare chi si suda lo stipendio lavorando duro e onestamente, quelli che hanno pagato il calendario: la riprova che per questo tipo di politici tra il dire e il fare c’è un mare profondo. Molto c'è da cambiare e rivedere ma non credo che si debba iniziare liberandosi da celebrazioni importanti come queste. Pare che le cariche all'interno dell’amministrazione provinciale vengano assegnate in base al livello culturale del soggetto, in modo inversamente proporzionale; non è negando qualche cosa che la si fa sparire ma si tratta solo di una questione di mancanza di rispetto per chi onora quelle date. La resistenza partigiana ha imbracciato le armi sapendo che la ricompensa sarebbe stata per loro la morte e un futuro migliore a chi veniva dopo di loro, qualcun’altro invece fucili e baionette le ha solo promesse, insieme a tutte le altre cose che non ha mantenuto. Ma per questi non ci sarà nemmeno il carbone nel giorno della Befana, poiché servirà ai giovani italiani per festeggiare come si usa ogni 25 aprile lungo gli argini dei fiumi, spensierati, entusiasti della vita, pieni di sogni da realizzare grazie al sacrificio di nonni, bisnonni e a sconosciuti: festeggeranno quindi coloro che hanno permesso loro di essere liberi e ad altri di dire e fare certe stupidaggini.Non possiamo non indignarci di fronte a chi sputa sul passato e sul futuro dell’Italia nell’anno del suo 150esimo anniversario anche perché identità veneta e italiana si possono completare senza che l’una si scontri con l’altra. Nel giorno di San Marco, vige l'usanza da parte degli uomini di offrire alle donne un bocciolo di rosa rossa, il bòcolo. Tale usanza nasce da una leggenda: una bionda fanciulla di nome Maria, figlia di un Doge, si era innamorata di Tancredi. Il sentimento dei due era osteggiato dal Doge, che non ne avrebbe mai permesso il matrimonio. Maria, pertanto, chiese a Tancredi di andare a combattere contro i turchi e coprirsi di gloria così il padre non si sarebbe più opposto al loro amore. Tancredi partì e la fama delle sue gesta si sparse presto per il mondo. Un giorno, però, arrivarono a Venezia alcuni cavalieri Franchi guidati da Orlando e annunziarono a Maria la morte del giovane. Era caduto sanguinante sopra un rosaio, ma prima di morire aveva colto un fiore e aveva pregato Orlando di portarlo alla sua amata. La fanciulla prese la rosa tinta ancora del sangue del suo Tancredi. Il giorno dopo, in cui ricorre la festa di San Marco, fu trovata morta con l'insanguinato fiore sul cuore. Da quella volta il bocciolo di rosa, simbolo dell'amore che sta per aprirsi alla vita e al sole, viene offerto alle donne. Le due feste che si sovrappongono alla data del 25 aprile hanno in comune tre elementi: il sangue, l’amore e un fiore.
Anche la famosa canzone del partigiano parla di un uomo che imbraccia le armi: lo fa per amore di lei e dell’Italia, ma questo amore è spezzato dalla guerra e questa spezzerà anche la sua vita. Anch’egli, come Tancredi, salutandola le lascerà di sé lo stesso ricordo, il fiore del partigiano. Se si negherà spazio a quest’ultima festa per dare spazio alla seconda non ne avrà vantaggio alcuno l’identità veneta, anzi, si disonoreranno entrambe le ricorrenze.

Fabio Pagini Rizzato



Intervento di Mauro Sonzini, studioso di Resistenza e Democrazia, coordinatore ANPI bassa valle Susa e val Sangone

"Posto che si tratti d'involontario errore dato che l'amministratore pubblico è sempre tenuto a governare in base alle leggi, non conosco personalmente l'assessore in questione e perciò non so giudicare se l'errore è dovuto a ignoranza o a distrazione. Ma, sia che si tratti d'ignoranza che di distrazione, è evidente che egli dimostra di non possedere i requisiti indispensabili per amministrare la Cosa Pubblica in modo corretto e legale, nei confronti del passato, del presente e del futuro della collettività.Pertanto, prima che per ignoranza o distrazione compia ulteriori errori, egli deve essere immediatamente rimosso dal suo incarico, a maggior ragione ricoprendo un incarico provinciale.
Personalmente presenterei come ANPI la richiesta ufficiale di dimissioni dell'assessore alla presidenza provinciale della giunta e alla presidenza del consiglio provinciale inviando inoltre la richiesta a ogni consigliere provinciale chiedendo esplicitamente di rendersene interprete."