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Nel centenario del Viminale gaffe sulla Resistenza

Riprendiamo da Repubblica.it

http://www.repubblica.it/politica/2011/07/11/news/viminale-custodero-18976506/?ref=HREC1-9

"Di questo Palazzo si è detto e scritto di tutto: ma il Viminale non è il palazzo dei poteri, degli intrighi e dei complotti". Così Maroni alla cerimonia dei cent'anni della sede del ministero dell'Interno celebratasi alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Oggi però il Viminale è stata la sede dove s'è consumato un clamoroso strafalcione storico. Il filmato istituzionale sul centenario ha chiamato "guerra civile" il periodo dell'Occupazione tedesca dell'Italia fra il '43 e il '45. Errore voluto per presentare la Resistenza in chiave revisionistica o involontaria gaffe degli autori? Non è dato sapere: questo è uno dei tanti misteri del Viminale. Così come non si sa a quale causa attribuire la clamorosa svista sempre dello stesso video, che ha omesso (o censurato) i sei anni di repressione antidemocratica di Mario Scelba, fra il 2 febbraio 1947 al 7 luglio 1953. In ogni caso, il filmato non è più disponibile sul sito del Viminale, come era stato annunciato.

L'errore storico ha suscitato sdegno e proteste nel mondo politico e dei Partigiani. "È stata un guerra di Liberazione - ha commentato dal letto dell'ospedale Armando Cossutta, ex partigiano e vicepresidente dell'Anpi - dire che è stata una guerra civile è sbagliato".
"Ancora una volta - ha aggiunto il presidente dell'Anpi - Carlo Smuraglia - s'è parlato di "guerra civile"a proposito della Resistenza che è una delle pagine più gloriose della storia italiana e non deve essere assolutamente deformata cercando di ridurne la portata di ridurla a guerra civile. È stata guerra di Liberazione per liberare l'Italia dalla dittatura fascista e dall'Occupazione tedesca. Appena 5 giorni fa sono stati dati 9 ergastoli ai nazisti autori degli eccidi negli Appennini tosco-emiliani, la prova che i nemici da combattere, che sterminavano la popolazione civile inerme, erano i tedeschi. Che poi alleati coi tedeschi ci fossero anche i fascisti che hanno voluto combattere fino alla fine con loro non muta il carattere fondamentale della guerra di Liberazione. Sorprende che dopo tanti anni di distanza, da una sede autorevole e istituzionale come il Viminale e davanti al presidente della Repubblica, esca ancora il tentativo di ridurre una pagina meravigliosa della storia del Paese a una lotta fratricida".

"Chiamare guerra civile la lotta di liberazione che sconfisse in Italia i fascisti e i nazisti - ha commentato Emanuele Fiano, responsabile Pd del forum sicurezza - è un atto di barbarie storica che riporta indietro l'orologio della nostra cultura comune. Non ci fu nessuna guerra civile, ma la maggioranza del Paese si ribellò e ci liberò dalla nostra dittatura prima ancora che dall'Occupazione straniera. Le ricostruzioni storiche che vengono promosse dal ministero dell'Interno dovrebbero salvaguardare questa visione storica che è quella su cui si fonda la democrazia repubblicana nella quale viviamo oggi".

La cerimonia. Il presidente della Repubblica Napolitano era presente la cerimonia. Ha posto l'accento sulla legge 121 dell'81, quella che smilitarizzò la polizia. Una legge, ha auspicato, che "richiede una revisione e un aggiornamento ma mantenendo saldi alcuni pilastri: l'autorità di pubblica sicurezza impersonata a livello nazionale dal ministro dell'Interno e a livello provinciale dai prefetti e anche dai comitati per la sicurezza e l'ordine pubblico che hanno rappresentato con grande lungimiranza il coinvolgimento delle istituzioni locali, sindaci in testa". "C'è qualcosa di straordinariamente valido in questo testo - ha spiegato il presidente - confermato come tale in tutti questi anni: scusatemi la piccola pignoleria ma vorrei ricordare come all'articolo 24 tra i compiti istituzionali della polizia di Stato ci sia la tutela dell'esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini. Questo è oggi e questa è stata sempre la polizia, nonostante la tendenza a darne rappresentazioni riduttive e in qualche caso persino denigratorie". Quello che va conservato è "il coordinamento effettivo di tutte le forze dell'ordine, almeno quelle a competenza generale" e la loro "pluralità".

Nel corso della cerimonia il ministro dell'Interno Maroni ha presentato il rapporto sulla sicurezza che era pronto dall'ottobre del 2010, ma che da allora (altro mistero del Viminale) è rimasto nel suo cassetto. E così oggi, luglio del 2011, sono stati resi noti i dati sulla sicurezza del 2009. Mancano dunque i dati sulla sicuerzza del 2010 e dei primi sette mesi del 2011.

Secondo i dati forniti dal ministro (elaborati dalla fondazione Icsa e dal Gruppo 24ore), sono stati sempre meno, 19 mnesi fa, gli omicidi (586 nel 2009 contro i quasi 2mila del '91) ma sempre più donne sono tra le vittime: erano l'11% vent'anni fa, sono state più del 25% nel 2009. La generale diminuzione dei reati - premettono gli autori - autorizza a parlare di una sorta di "svolta silenziosa" ma se alcuni delitti sono "virtualmente scomparsi" (i sequestri di persona a scopo di estorsione, ad esempio), i furti sono calati e le rapine hanno subito un "vero e proprio crollo", è il trend degli omicidi quello più sorprendente: se ne registra 1 ogni 100mila abitanti, un valore molto vicino a quello 0,9% che continua a rappresentare il valore più basso segnalato nel nostro paese a cavallo tra la metà degli anni '60 e gli inizi degli anni '70. A lievitare in modo "straordinario" - ammettono gli autori - è proprio la quota delle donne uccise: e questo perché mentre gli omicidi di criminalità organizzata diminuiscono, quelli in famiglia (la categoria in cui è il gentil sesso a essere colpito con maggiore frequenza) sono stabili "nel tempo e nello spazio".

Le donne sono il bersaglio preferito anche delle violenze sessuali (in più di nove casi su 10) mentre la quota di vittime di sesso maschile è quasi il doppio della media tra gli under 14 e lievemente superiore alla media tra i 14 e i 17 anni. Le classi di età più colpite restano quelle "centrali", tra i 18 e i 34 anni, mentre l'età degli autori è mediamente più elevata, trattandosi soprattutto (il 27,6%) di uomini con più di 45 anni; gli autori donna sono appena il 2%. Le regioni più interessate dal fenomeno restano Lombardia (9,7 violenze ogni 100mila abitanti nel 2009), Emilia Romagna (9,7), Toscana (9,5). E la Toscana è al primo posto anche nella poco lusinghiera hit degli episodi di stalking (13,2 ogni 100mila abitanti, sempre due anni fa) davanti ad Abruzzo (12,3), Molise (11,8) e Valle d'Aosta (11,8). Le vittime di atti persecutori sono prevalentemente over 45, appena il 16% ha meno di 24 anni, uno su 5 è un uomo. Nel 13% dei casi il molestatore è donna.

Per quanto riguada lo spaccio di droga, megli ultimi cinque anni, secondo il rapporto, i sequestri di sostanze stupefacenti hanno ripreso a crescere: ma se fino agli anni '90 era l'eroina la sostanza più presente sul mercato made in Italy, il sorpasso della cocaina è ormai consolidato. Nel 2009, per violazioni alla legge sugli stupefacenti sono state denunciate 60 persone ogni 100mila abitanti: ad aumentare è soprattutto il numero dei denunciati per traffico o coltivazione di cannabis (dall'1,3% del 2000 al 3,3% di due anni fa). Dal punto di vista geografico, la criminalità legata alla coca cresce rapidamente specie in alcune province ricche del paese, in Lombardia (Varese, Brescia e Milano), Liguria (La Spezia, Genova e Imperia), Toscana (Lucca e Livorno), Emilia Romagna (Forlì-Cesena e Bologna).

A proposito delle mafie - sempre più orientate ad accentuare la propria vocazione imprenditoriale e a infiltrare l'economia legale - a quelle nostrane si sono affiancate negli ultimi anni le cosiddette "mafie straniere". "Negli ultimi dieci anni - avverte il report - le strutture mafiose hanno subito una progressiva erosione e sono stati catturati i principali latitanti" ma se l'attuale modello di contrasto si è rivelato produttivo, a preoccupare è ora "la progressiva e costante diminuzione delle condanne all'ergastolo" sia per la trasformazione delle guerre di mafia in "conflitti a bassa intensità" sia per la "pesante contrazione del numero di collaboratori di giustizia che riferiscono" di omicidi.

Sul punto, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria (che davanti al ministro leghista Maroni, ha inneggiato all'Unità d'Italia), ha sottolineato: "Non può esserci sviluppo economico senza un reale rispetto delle leggi e una lotta alla criminalità organizzata". "È fondamentale - ha ricordato il leader degli industriali- che anche la società civile si impegni in questa lotta".