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Fuori campo, esperienze dentro e fuori la palestra

Il progetto Fuori campo, esperienze dentro e fuori la palestra. Intervista a Barbara Fontanesi allenatrice della scuola di pallavolo Anderlini di Modena.


Tu alleni giovani pallavoliste… perché hai intervistato Maria Montanari, partigiana e sindacalista, cosa c’entra con lo sport?
L’idea di Maria è nata perché io sono promotrice di un progetto che si chiama Fuori campo che ha come obiettivo quello di portare gli atleti al di fuori del campo a fare delle esperienze apparentemente diverse da quelle di allenamento tradizionali (in palestra con la palla per intenderci), perché ritengo che esse siano funzionali alla riuscita dell’atleta stesso. Nello specifico di Maria a me interessava approfondire quello della Resistenza. Ossia che cosa significa, oggi, per un giovane atleta – io, infatti, mi occupo della fascia di adolescenti che va dai 12 ai 16 anni – resistere all’impegno, perché è molto difficile trovare ragazzi che reggono di fronte, diciamo, a degli impegni presi. L’idea, quindi, è stata quella che Maria raccontasse della propria adolescenza: che a 13 anni fosse già in risaia a lavorare e che a 18, addirittura, decidesse di nascosto dai suoi genitori di entrare nella Resistenza, una vita che mi affascinava molto. L’idea è nata da questo.

Non è quindi il primo esperimento di mettere in comunicazione il campo con il fuori campo? Che riscontri hai avuto?
Quello con Maria è la terza esperienza. Il progetto è nato nel 2009 ma concretamente lo sto sperimentando quest’anno con le mie ragazze che sono del ’98. La prima esperienza l’abbiamo fatta a “Esploraria”, che è un parco divertimenti, dove le ragazze si sono messi alla prova in un gioco in cui, suddivise in squadre, dovevano lanciarsi da un albero ad un altro. Da lì è emersa la parola “paura”. Dalla parola paura abbiamo lavorato con i ragazzi del basket di Reggio Emilia. Agli atleti della Trenkwalder abbiamo chiesto di raccontarci quelle che sono le paure di un giocatore di serie A prima di una partita importante.
Certo all’inizio è stato un progetto, come posso dire, un po’ nuovo... era visto, cosi, con un po’ di sospetto, però da parte dei genitori sto trovando molta collaborazione, molta disponibilità per cui...

Anche su un tema come quello della Resistenza?
Una cosa su cui insisto è che Fuori campo non ha un carattere politico, perché lo sport è uno degli ultimi baluardi, secondo me, trasversale. Comunque, io specifico che cosa unisce la Resistenza con la “R” maiuscola alla resistenza con “r” minuscola, perché è un passaggio che mi permette di portare questo concetto in maniera trasversale, non politica.

Allora ti chiedo: hai avuto difficoltà a proporre un progetto che unisce diciamo l’esterno con il campo di una palestra? Con i genitori, la società...
Delle perplessità da parte della società le ho avute anche se, devo dire, la mia vittoria personale adesso è che il prossimo anno mi è stato chiesto di formulare un progetto per il Fuori campo per alcuni settori della squadra. Pallavolo Anderlini è una struttura molto grande, è divisa in due gruppi: “gruppi a” e “gruppi b”. I gruppi b sono i ragazzi che potrebbero, in teoria, non avere grandi sbocchi e per loro mi è stato chiesto di formulare una proposta educativa Fuori campo, quindi le resistenze in questo caso sono state superate.
Questo progetto, sottolineo, è nato non per porsi in sostituzione dell’educazione dei genitori, ma è nato perché dopo vent’anni di sport – io ho fatto l’atleta per 21 anni: sono entrata in palestra a dieci anni e uscita 31 – quando ho smesso di giocare ho dovuto elaborare da sola, e con una grande fatica, il senso di vuoto, di mancamento che ho avuto, perché quando tu stai vent’anni in posto tutti i giorni improvvisamente non averlo più è proprio come uno si lanciasse giù da un burrone. Ed è stata questa necessità che mi ha portato a formulare il progetto. Perché intanto di campioni ne escono pochissimi e, quindi, un atleta, un giovane deve uscire dal campo da gioco non solo formato fisicamente ma deve essere allenato anche mentalmente: uscire dallo sport vuol dire anche aver fatto un percorso di coaching personale, esci come persona allenata prima che come atleta. questa è il mio desiderio, quello che voglio comunicare attraverso questo progetto...

Un ponte fra la palestra e, diciamo, il resto del mondo...

La palestra in realtà è una metafora della palestra della vita, soprattutto negli sport di squadra lo spogliatoio può essere considerato come l’ufficio delle risorse umane; le sfide, la partita del sabato possono essere considerate come gli obiettivi che uno deve raggiungere, il rapporto con i compagni di squadra non è altro che il rapporto con i colleghi di lavoro.
E’ importante per me che questi ragazzi escano da questa esperienza soprattutto allenati mentalmente e mi rendo conto che ne hanno molto bisogno, forse perché un po’ in casa i genitori assorbiti da tanti impegni fanno un po’ fatica a seguirli. Quindi se lo sport può essere un modo divertente per giocare e impare qualcosa, perché no?

L’uscita del notiziario coincide con la festa della donna. allora donne e sport?
Mi aggancio a un episodio spiacevole recentissimo, la società di pallavolo femminile di serie A del Modena ha interrotto la settimana scorsa il campionato per mancanza di budget queste ragazze sono mesi che non prendono lo stipendio... devo dire che a livello femminile le atlete soffrono ancora tanto. Faccio un altro esempio: di fronte a una gravidanza inaspettata il contratto viene sciolto in maniera automatica e, addirittura, non c’è nessun tipo di tutela.
Quindi le donne ancora oggi anche nello sport hanno ancora tantissimo da fare ed è un ambiente profondamente maschile. Io non ho niente contro gli uomini anzi per quanto mi riguarda lavoro meglio a volte con gli uomini che con le donne, perché sono più semplici più schietti più sinceri, mentre le donne sono molto più complesse… però sono tante ancora le battaglie che a livello femminile nello sport si devono fare... per i diritti minimi della civile convivenza.
Sarebbe bello che Josefa Idem che è stata candidata per il PD si facesse portatrice di messaggi anche a tutela delle donne nello sport.

Glauco Bertani

*Barbara Fontanesi è nata a Cadelbosco Sopra è stata atleta professionista di volley dal 1978 al 1999. Dal 2007 è coach presso la Scuola di pallavolo Anderlini di Modena.

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