Salta al contenuto principale

25 aprile, festa di italiani liberi

Decine di migliaia di persone hanno festeggiato il 25 aprile a Milano. Una manifestazione pacifica e allegra, con un interminabile corteo aperto dallo striscione dell'Anpi dietro il quale sfilavano tra gli applausi il presidente della Camera Laura Boldrini, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia e il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia (qui sotto il testo del suo intervento).

Salutata dagli applausi dei cittadini, il presidente della Camera Laura Boldrini che sul palco ha messo l'accento sull'attualità di questa data, attaccata in mattinata da Beppe Grillo secondo il quale il ''25 aprile è morto''. ''Siamo tantissimi - ha detto Boldrini - eppure c'è chi parla del 25 aprile come di una ricorrenza vecchia. Anche stamattina c'è chi ha detto che è una festa morta, vengano qui gli scettici a Milano, a vedere gli italiani liberi. Oggi si festeggia la libertà, è la festa di tutti gli italiani, liberi''. Nel corso delle celebrazioni Boldrini ha chiesto l'abolizione del segreto di Stato per le stragi di mafia e terrorismo. "Chiedo l'abolizione del segreto di Stato per le stragi di mafia e terrorismo - ha detto con forza il presidente della Camera -. In un Paese civile verità e giustizia non si possono barattare".

L'intervento del presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia.

In questi ultimi tempi, abbiamo visto piazze piene, di partiti e movimenti che si riunivano soprattutto per mostrare i muscoli.

Noi non abbiamo muscoli da esibire, ma solo valori da mettere in campo e difendere. I valori della Costituzione, che ha le radici nella Resistenza.

E i valori non si esibiscono, ma si praticano, nella vita pubblica e in quella privata.

Questa è la piazza dell'orgoglio antifascista.

Per noi, il 25 aprile è una Festa, la Festa di tutti; e tale deve essere anche se ci sono tanti (troppi) che cercano di ignorarla o di svalutarla, perché la considerano scomoda. Non intendo dare risposta a chi oggi ha detto che "il 25 aprile è morto". Mi guardo attorno, vedo i 50.000 di questa piazza, a cui aggiungo quelli di Mirandola, dove sono stato stamane e le mille e mille manifestazioni che si stanno svolgendo in tutta Italia. E'questa realtà che si incarica di rispondere a Grillo, al quale devo solo far rilevare che evidentemente, sulla materia del fascismo e dell'antifascismo, la lingua batte dove il dente duole, se è vero che una volta ha detto che l'antifascismo "non gli compete", un'altra si è dichiarato pronto ad accogliere gli amici di Casa Pound e un'altra ancora, una sua dirigente ha parlato di fascismo "buono" e fortemente legato alle istituzioni.
Lasciamolo dunque al suo destino e guardiamoci intorno.

In realtà, noi vogliamo prima di tutto mettere in campo la memoria.

Che vuol dire ricordare la Resistenza, questa pagina meravigliosa, fatta di voglia di democrazia, composta dall'azione, dalla volontà e dal coraggio di tante persone diverse, per mestiere, professione, cultura, idealità, genere, ma tutti insieme alla ricerca di un fondamento comune, pur nella diversità. E lo troveranno nella Resistenza armata e in quella non armata; come lo trovarono i soldati che a Cefalonia rifiutarono di consegnarsi al nemico e furono uccisi; come i tanti militari che anziché essere fatti prigionieri, dopo aver rifiutato di aderire alle forze tedesche, furono trattati da schiavi e mandati al lavoro forzato in Germania e spesso alla morte; come lo trovarono le donne, che per la prima volta fecero irruzione, in massa, nella scena politica, per amore della pace e della libertà, uccidendo, se era necessario - come ha detto Tina Anselmi pur odiando la morte, facendo le staffette, assistendo prigionieri malati e feriti, assumendo anche il ruolo di Ministra in una Repubblica partigiana, come Gisella Floreanini.

Vogliamo ricordare i Caduti per la libertà.

È un dovere, non un rito.

Ricordiamo i giovani che scelsero la libertà, ricordiamo i loro sogni spezzati, le loro attese, le loro speranze; e ci impegniamo a fare il possibile per realizzarle.

Certo, per dirla col Presidente Ciampi "non è il Paese che sognavamo".

Sognavano libertà, democrazia, antifascismo, giustizia sociale, uguaglianza, diritti politici, civili e umani.
Dobbiamo riconoscere che il quadro che abbiamo di fronte è desolante: da un lato una grave emergenza sociale; non c'è lavoro e se c'è, è retribuito male o è precario o è insicuro o è senza dignità; una disuguaglianza di genere che tuttora perdura e che continua a trasmodare nella violenza, perfino tra le pareti domestiche, fino all'assassinio; e non è un problema di leggi, ma di cultura;

una discriminazione nei confronti di persone che fuggono dalla povertà e dalla guerra e verso le quali continuiamo a dimostrarci insensibili;

un Paese disunito, per le differenze economiche e sociali e nel quale c'è perfino chi cerca di dividere ancora la preziosa Unità d'Italia, conquistata con fatiche e sangue, parlando di secessione;

una crisi che non finisce e che non può essere risolta solo a colpi di restrizione, di tasse, di rigore, ma ha bisogno di un rilancio delle attività produttive, del lavoro, dei consumi, in un contesto di equità sociale.
Dall'altro, abbiamo di fronte una politica che non sa sciogliere i nodi fondamentali, che si dimostra incapace perfino di trovare intese non per compromessi vergognosi, ma per avere almeno un Governo in grado di adottare provvedimenti urgenti e indispensabili;

una politica che deve essere ricondotta alla sua funzione di intermediazione tra i cittadini e le istituzioni, di rappresentanza di interessi, ma nel contesto della ricerca dell'interesse generale e del bene comune;

una politica che ha bisogno di rinnovamento, non solo generazionale, ma culturale;

insomma, una buona politica in luogo di quella a cui abbiamo assistito tristemente in questi giorni. E per ottenere questo, non bastano le riduzioni dei privilegi e delle spese, pur necessarie; non bastano i cambiamenti generazionali, pur indispensabili, ma ci vuole una proiezione diversa, in cui all'interesse dei singoli e dei partiti si contrapponga l'interesse generale.
Noi dobbiamo aver chiaro che l'antipolitica non serve ed è pericolosa; ma serve una politica "buona", civilmente ed eticamente assai diversa da quella che in questi giorni hanno mostrato di seguire i partiti e i movimenti, tutti intenti a costruire il proprio castello, non rendendosi conto che il castello è di carta e si rompe facilmente se non c'è la solidarietà, la moralità, il ricorso a parole dimenticate come fratellanza, equità, socialità; se non si torna a quella concezione dei partiti che così bene è espressa nell?art. 49 della Costituzione, che li riconosce come necessari per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Per questo, il 25 aprile deve essere un giorno anche di impegno civile, per rinnovare la politica, per risolvere la questione meridionale, la questione sociale, la questione morale, e uscire dalla crisi in positivo, verso il progresso e l'equità.

E soprattutto per cogliere i segni positivi che pure ci sono, per trasformare e rafforzare la democrazia e renderla resistente a qualunque pericolo.

Di segni, in realtà, ne abbiamo avuti: tante più donne in Parlamento e tanti più giovani; due presidenti, della Camera e del Senato, eletti al di fuori dei partiti e dei loro rappresentanti; la stessa elezione di una donna alla
Presidenza della Camera, anche se non è la prima (ma le altre risalgono a tanti anni fa), è importantissima perché non si tratta di una donna, scelta solo per una rappresentanza di genere, ma di una donna e siamo felici di averle qui con noi - che ha dietro di sé una splendida storia, di vicinanza agli umili, ai diseredati, agli esclusi.

Sono segni positivi da valorizzare; e poi c'è una gran voglia di partecipazione, di far sentire la propria voce, anche se spesso in modo indistinto e non produttivo. Si tratta di coglierli, questi segni e portarli avanti.

In più, il 25 aprile deve essere profondamente e intrinsecamente antifascista, come lo è tutta la nostra Costituzione.

C'è troppo neofascismo e negazionismo in giro, anche se travestiti in chissà quale modo, come il fascismo del terzo
millennio. Ci colpisce e preoccupa il fatto di vedere Casa Pound e Forza Nuova che concorrono alle elezioni, alcune richiamandosi addirittura a movimenti nazisti come Alba Dorata in Grecia. E ci colpisce e preoccupa il fatto che nella piazza di Roma in cui si svolgeva una protesta legittima, anche se discutibile, contro ciò che avveniva in Parlamento, sono apparse le bandiere e i simboli di Casa Pound.

Non dobbiamo dimenticare che c'è sempre qualcuno pronto ad approfittare della crisi di un Paese; e soprattutto la storia ci insegna che in Italia e in Germania dalla crisi si è usciti, molti anni fa, col fascismo e col nazismo.

Ecco perché l'affermazione che "non è questo il Paese che sognavamo" deve essere intesa non come un nostalgico ricordo, né come il segno di una delusione destinata a concludersi in se stessa.
Al contrario, proprio questa costatazione deve indurci ad essere più combattivi e impegnati che mai; all'indifferenza e alla rassegnazione, dobbiamo contrapporre ancora una volta, la volontà del riscatto, della rinascita, del cambiamento; la volontà di vivere in un Paese libero, in cui prevalgano uguaglianza e solidarietà, in cui la libertà non sia di pochi ma di tutti, come vuole lo stesso concetto di democrazia; in cui si ricordino le pagine meravigliose della nostra storia, come la Resistenza, non per tacitare la coscienza e poi affidare tutto alla polvere del tempo, ma per realizzare i sogni di allora e trasformare in certezze le speranze e i sogni dei tanti che hanno versato il loro sangue per noi.

Insomma, si tratta di realizzare il riscatto del Paese contro ogni forma di degenerazione politica e sociale ed avviarlo finalmente sul sentiero della democrazia e dell'antifascismo. Speriamo di riuscirci, nonostante tutto, anche se ci sono tante nubi all'orizzonte che ci preoccupano, dando al Paese un Governo che al di là di ogni compromesso inaccettabile riesca a trovare alcuni fondamenti comuni per realizzare quelle misure urgentissime che occorrono per uscire dalla crisi economica, sociale e politica. E speriamo soprattutto di ritrovare quella coerenza politica, quella trasparenza, quella purezza che sono fondamenti della democrazia e sole sono in grado di restituire fiducia e speranza ai cittadini e, finalmente, qualche certezza ai tanti giovani che ci guardano e non dobbiamo deludere.
E soprattutto vogliamo assicurare ai disfattisti, ai delusi, agli angosciati, che sono giuste le preoccupazioni, ma devono ricordare sempre che siamo e saremo in tanti a difendere la democrazia ed a pretendere che essa si realizzi appieno, in un quadro di antifascismo, di pieno riconoscimento di tutti i diritti, di intesa e profonda realizzazione dell'uguaglianza. L'Anpi sarà sempre presente, come lo è stata in tutti questi anni, a difendere e sostenere i valori fondamentali della Costituzione, che trova le sue radici alla Resistenza.