Salta al contenuto principale

Annibale Caneparo

Nato a Occhieppo Inferiore (allora provincia di Vercelli, oggi di Biella) il 17 luglio 1905, deceduto a Roma il 20 maggio 1969, idraulico, decorato di due Medaglie d'Argento al Valor Militare.

Nel 1922 era emigrato in Francia per ragioni di lavoro. Rientrato in Italia nel 1925 per soddisfare gli obblighi di leva, Caneparo era entrato nel movimento giovanile comunista clandestino. Nel 1928 il ritorno in Francia (ad Aulnay-sous-Bois) dove il giovane emigrato lavora come manovale nell’impresa edile di uno zio e s’impegna nell’attività politica con gli italiani che aderiscono al Partito comunista francese. Nel novembre del 1936 ecco Caneparo in Spagna in difesa della Repubblica democratica. Combatte nella batteria “Gramsci” e quando, agli inizi del 1937 è ferito in un bombardamento è costretto a tornare in Francia. Rientra regolarmente in Italia il 2 maggio 1940, con la moglie e due figli naturalizzati francesi, ma a Bardonecchia (TO), è arrestato dalla polizia fascista alla quale era stato segnalato come combattente antifranchista. Evita il confino a Ventotene e, tornato nel Biellese dopo cinque mesi di carcere, riprende l’attività politica clandestina, riuscendo ad evitare che Giovanni Roveda, che nel marzo 1943 era riuscito ad allontanarsi dal confino, ricada nelle mani dei fascisti. È l’attività di Caneparo che contribuisce alla riuscita degli scioperi del marzo 1943 nelle fabbriche biellesi. Arriva l’armistizio e, dopo l’8 settembre Annibale Caneparo, col nome di copertura di “Renati” (i comunisti francesi l’avevano conosciuto come René), è tra i primi organizzatori della Resistenza armata in Piemonte. Il suo “ruolino” (conservato a Torino, all’Istoreto), annota che il 20 settembre 1943 fa già parte del comando, come commissario di battaglione, della 76ma Brigata Garibaldi e che, via via, diventa commissario di Brigata e comandante di Divisione. Commissario politico della II Zona militare in Valle d’Aosta, Del valore di “Renati” come partigiano combattente testimoniano le motivazioni delle due medaglie che gli sono state assegnate: “Ardito combattente partigiano si imponeva per eccezionali doti di decisione e di coraggio assumendo incarichi, di giorno in giorno, più importanti. Particolarmente si distingueva nell'attacco condotto contro una formazione tedesca in quel di Tollegno e durante il duro rastrellamento effettuato dal nemico nella valle dell'Elvo”, dice la prima. La seconda afferma: “Combattente della lotta partigiana, già distintosi per capacità di organizzatore e di animatore, assunto il comando di una Divisione di partigiani, continuava brillantemente ad affermarsi da questa posizione di comando fornendo belle prove di decisione e di coraggio, infliggendo serie perdite al nemico, distinguendosi in numerosi combattimenti e particolarmente sulla montagna di Andrate”.