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Giuseppe Dozza

Nato a Bologna il 29 novembre 1901, deceduto a Bologna il 28 dicembre 1974, dirigente comunista, per vent'anni "Sindaco della Liberazione e della ricostruzione" bolognese.

Nel 1918 aveva cominciato la sua militanza nella Gioventù socialista; tra il 1919 e il 1920 era stato segretario della Camera del Lavoro di Medicina; nel 1921 aveva aderito al Partito comunista; nel 1923 era stato nominato segretario della Federazione giovanile comunista italiana, che nel 1927-28 aveva rappresentato a Mosca nell'Esecutivo dell'Internazionale giovanile. Delegato al V e al VII Congresso dell'Internazionale Comunista, dal 1932 al 1933 rappresentò i comunisti italiani nel Comitato esecutivo della stessa Internazionale. Membro della segreteria del PCdI sino al 1938, Dozza divenne successivamente segretario dei Gruppi comunisti italiani in Francia. Con l'occupazione tedesca, l'antifascista italiano entra subito a far parte della Resistenza francese, ma quando il generale Badoglio annuncia l'armistizio, Giuseppe Dozza rientra in Italia per organizzare la lotta partigiana in Emilia. Oltre che rappresentare il PCI nel CLN dell'Alta Italia fa, infatti, parte del Triumvirato insurrezionale per l'Emilia-Romagna ed è proprio il CLN di quella regione che lo designa sindaco di Bologna nei giorni stessi della Liberazione, designazione avallata dal generale americano Edgar Erskine Dume e plebiscitariamente riconfermata, per 20 anni, nelle successive elezioni. Dozza è stato anche deputato del PCI all'Assemblea Costituente, membro del Comitato centrale del suo partito, ma è al capoluogo emiliano soprattutto che ha dedicato il suo impegno di politico e di amministratore. Ha lasciato scritto: "Prendemmo in consegna nel lontano 1945 una città distrutta nelle sue case, nelle sue vie, nei suoi monumenti, nei suoi centri produttivi; un Comune assalito anche nelle sue strutture da un cattivo costume durato vent'anni. E dovemmo dedicare i primi anni ad un'opera che possiamo ben chiamare di ricostruzione: ricostruzione della vita pubblica democratica; ricostruzione della fiducia e del rispetto. Ricostruzione, infine, dell'efficienza amministrativa. A questa prima fase del nostro lavoro una seconda ne è succeduta, che potremo chiamare di rinnovamento. Non si trattava soltanto di reintegrare quello che la guerra e la tirannia avevano strappato agli uomini o lacerato nelle strutture; si trattava di condurre il Comune ad un livello che permettesse di fronteggiare modernamente le esigenze economiche, sociali, culturali, assistenziali di una grande città". Così Guido Fanti, che nel 1966 gli succedette come sindaco di Bologna, ebbe a dire di Dozza: "...si gettò fra il popolo, seppe ascoltare, seppe farsi capire. Instaurò un rapporto diretto di fiducia e di collaborazione con i cittadini. Per la sua straordinaria capacità di sentire e di vivere egli stesso i problemi come li sentivano e li vivevano le masse popolari (...) divenne al di fuori di ogni retorica il simbolo di una città...". Non a caso a Bologna (che gli ha, naturalmente, intitolato una strada), e nella regione portano il nome di Giuseppe Dozza anche scuole elementari e medie, un palazzetto dello sport, circoli culturali, associazioni sportive, cooperative edificatrici, Case circondariali minorili. Un "Fondo Giuseppe Dozza" è conservato all'Istituto Gramsci Emilia-Romagna. Nel 2007, Luisa Lama ha pubblicato per Aliberti, un ponderoso, avvincente volume intitolato Giuseppe Dozza. Storia di un Sindaco comunista.