Salta al contenuto principale

Bruno Zevi

Nato a Roma il 22 gennaio 1918, deceduto a Roma il 9 gennaio 2000, docente universitario, storico e critico dell'Architettura.

Cresciuto in una delle più antiche famiglie ebree della Capitale, cospirò contro il fascismo già negli anni del Liceo. Aveva Mario Alicata come compagno di banco ed era amico di Paolo Alatri e Carlo Cassola. Durante la guerra di Spagna, aiutò a raccogliere fondi per il fronte democratico. Nel 1938 per l’approvazione delle leggi razziali, fu esonerato dal servizio militare che stava compiendo come allievo ufficiale del Genio. Dato il clima antiebraico, si trasferì a Londra nel 1939, dove frequentò il terzo anno di Architettura, dopo un biennio a Roma, e portò avanti l'attività politica antifascista con Carlo Ludovico Ragghianti. Nel gennaio del 1940 a Parigi conobbe i dirigenti del movimento Giustizia e Libertà Emilio Lussu, Alberto Cianca, Aldo Garosci. Il mese dopo si trasferì a New York per continuare gli studi universitari e portare avanti la lotta antifascista con Lionello Venturi, Veniero Spinelli, Franco Modigliani, Aldo Garosci, Gaetano Salvemini. Quello stesso anno, Zevi tornò in Italia sotto falso nome per ristabilire i contatti con i compagni di Giustizia e libertà. Membro attivo dell’americana "Mazzini Society", diresse i "Quaderni italiani", considerati la continuazione di quelli parigini di Carlo Rosselli, e intanto nel '41 si laureò in architettura a Harvard con Walter Gropius. Con la ripresa dei “Quaderni” fu ricostituito negli USA il movimento Giustizia e Libertà. Il 30 giugno 1943 Alberto Cianca, Aldo Garosci, Alberto Tarchiani e Bruno Zevi si imbarcarono per l'Europa sulla nave "Queen Mary" spogliata del suo arredo per trasportare 15 mila soldati e il loro armamento, esposti a possibili attacchi di sottomarini tedeschi, perché senza adeguata scorta. Giunti in Inghilterra si attivò la radio clandestina Giustizia e Libertà, che trasmetteva giorno e notte attaccando il regime e la monarchia e affiancando i primi nuclei partigiani. Dopo lo sbarco degli Alleati nella penisola, tutti i suoi compagni partirono per l’Italia e per la radio clandestina restò solo Zevi. . Qualche settimana dopo il generale Eisenhower dette ordine di sopprimere “Radio Giustizia e Libertà”, perché "dannosa agli obiettivi degli alleati", che andavano verso un compromesso con la monarchia. Non potendo muoversi dall'Inghilterra, perché impedito, Zevi fu capo-progettista dei campi militari per l'invasione della Normandia. Il 31 luglio 1944 rientrò a Roma e si iscrisse subito al Partito d'Azione, che diverrà il suo unico vero partito. Restò nel partito dopo la scissione del 1946, malgrado la stima per Parri, La Malfa, Ragghianti; partecipò alle elezioni romane nella lista "Blocco del Popolo"; non votò per lo scioglimento del Partito d'Azione nel 1947 e per la confluenza nel PSI. Dopo aver assistito al crollo del Partito d'Azione, continuò a essere un animatore della politica italiana. Convinto anticomunista e altrettanto convinto antidemocristiano, Zevi è stato, sempre, al fianco della sinistra. Col movimento di "Unità popolare", partecipò nel '53 alla lotta contro la "legge truffa" e tentò di far rivivere gli ideali dispersi del Partito d'Azione con la costruzione di un terzo polo della sinistra, né comunista né clericale. La grande ondata studentesca del 1968 lo vedrà appassionatamente accanto ai suoi allievi, al punto da essere incriminato per apologia di reato. Altrettanto passionale, poco dopo, la sua scomunica degli eccessi del movimento studentesco. Clamorose le sue dimissioni per protesta contro una università che egli giudicava "di massa e classista". Riavvicinatosi ai socialisti, che con Craxi e Martelli dichiaravano di richiamarsi a Rosselli e al liberalsocialismo, nel 1983 si presentò candidato del Partito Socialista Italiano alle elezioni nazionali. Successivamente, entrò nel Partito Radicale, condividendone le battaglie libertarie. Nel 1987 fu eletto deputato per quel partito nella circoscrizione Venezia-Treviso. Nel 1988 fu eletto presidente del Partito Radicale. Nel 1991 si è dimesso da presidente del partito ed è stato nominato presidente d'onore. Non condividendo le scelte della Lista Pannella e della Lista Bonino, e l'alleanza con la destra, ha appoggiato il centrosinistra, sostenendo attivamente nel '97 la candidatura di Rutelli al Campidoglio. Il 28 dicembre 1998 Zevi ha fondato a Roma, con Aldo Rosselli e Giorgio Parri il Partito d'Azione Liberalsocialista, con simbolo e programma nuovi. L'ultima sua battaglia Bruno Zevi la sostenne come presidente del Partito Radicale, quando accusò Marco Pannella e Emma Bonino di far passare un accordo col razzista Le Pen, per costituire un gruppo parlamentare comune a Strasburgo. (g.c.)