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Raffaele Vallone

Nato a Tropea (Vibo Valentia) il 17 febbraio 1916, deceduto a Roma il 31 ottobre 2002, calciatore e, nel dopoguerra, giornalista e grande attore cinematografico e teatrale.

È noto ai più col nome d’arte di Raf Vallone. Da bambino i genitori l’avevano portato a Torino dalla Calabria e nel capoluogo piemontese, Raf si era laureato in Lettere e Giurisprudenza, alternando gli studi universitari al gioco del calcio, attività nella quale primeggiava, tanto da vincere nella stagione 1934-1935, con la maglia del Torino, la Coppa Italia.
L’armistizio coglie Vallone in servizio militare a Tortona. Raf, che è amico di Vincenzo Ciaffi (un latinista che è anche dirigente di “Giustizia e Libertà”), entra nella Resistenza. Pochi mesi dopo quando, per incarico di Ciaffi, è già in contatto col comunista Bernieri, è arrestato.
Incarcerato a Como, Vallone è destinato alla deportazione in Germania, ma durante il trasferimento riesce a fuggire, buttandosi vestito nelle gelide acque del lago e sfuggendo alle raffiche delle SS.
A Torino, dove ce la fa a tornare, continuerà, nelle file azioniste, nell’attività di propaganda contro i nazifascisti. Un intermezzo tra i partigiani delle Langhe in compagnia di Davide Lajolo “Ulisse”, poi proprio nel capoluogo piemontese, comincerà, per decisione di Lajolo, a dirigere (lui che comunista non è), le pagine culturali dell’organo del PCI.
Saranno proprio Vallone e Lajolo che faranno uscire a Torino l’edizione straordinaria de “L’Unità” con l’annuncio della vittoria sul nazifascismo.
Il 1949 sarà per Raf Vallone (che già nel 1942 aveva recitato in un film di Goffredo Alessandrini), l’anno della svolta. Protagonista di “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, l’attore colleziona da allora una serie di successi cinematografici e teatrali che gli valgono riconoscimenti internazionali e, nel 1994 (Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro), la nomina a Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana.
È del 2001 la pubblicazione, per i tipi di Gremese, dell’autobiografia di Vallone, intitolata “L’alfabeto della memoria”.