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Bianca Diodati

Nata a La Spezia l'11 ottobre 1923, deceduta a Velletri (Roma) il 20 luglio 2001, impiegata, per tutta la vita combattente antifascista.

Si può a buona ragione dire di lei che è stata, per tutta la non breve vita, “una donna della Resistenza”, protagonista di molte pagine poco conosciute della lotta antifascista e della guerra partigiana.

Nata in una famiglia antifascista, Bianca aveva quattro tra fratelli e sorelle. I maschi (Arrigo e Wladimiro) furono entrambi partigiani in Liguria. Arrigo, gappista a Genova, fu catturato e trascinato dai repubblichini davanti al plotone d’esecuzione con altri antifascisti; lasciato sotto un mucchio di cadaveri, Arrigo, sia pure gravemente ferito, riuscì a trascinarsi in salvo e a riprendere poi la lotta.

La vita di Bianca fu altrettanto, se non più, drammatica. Aveva soltanto 14 anni quando, a Parigi, era già impegnata nei comitati che lavoravano per sostenere la Spagna repubblicana. Nel 1939 aveva aderito, sempre a Parigi, al Partito comunista italiano e due anni dopo, conosciuto Piero Pajetta, reduce dalla Spagna (dove, in un combattimento sull’Ebro, aveva perduto una mano), era tornata con lui in Italia, dove Mussolini era stato esautorato dal Gran Consiglio e fatto arrestare da Vittorio Emanuele III.

Piero, col nome di battaglia di “Nedo”, sarà tra i primi a entrare nelle le formazioni partigiane nel Biellese; Bianca, che nel marzo del 1941 ha dato alla luce un bambino (Carlo), lo raggiungerà e inizierà la sua attività di staffetta sino a che, il 24 febbraio del 1944, “Nedo” non viene ucciso in uno scontro con i tedeschi.

Sul finire del marzo dello stesso anno Bianca è inviata dal suo partito a Milano, dove opera nell’organizzazione antifascista del capoluogo lombardo e lavora nelle redazioni clandestine di “La Nostra Lotta” e de “l’Unità”. È il periodo in cui conoscerà Curiel e la sorella Grazia, della protezione della quale verrà incaricata e che continuerà anche dopo che il segretario del “Fronte della Gioventù”, cadrà per mano dei repubblichini.

A Milano Bianca conoscerà molti dei maggiori dirigenti del PCI di quel tempo e nel dopoguerra diventerà funzionaria del suo partito.

Negli anni Cinquanta è a Genova, impiegata nella segreteria della redazione ligure del quotidiano del PCI. Sposa il comandante partigiano Quinto Antonietti; da lui avrà un figlio che chiameranno Nedo e che sarà al suo capezzale quando Bianca morirà in una casa di cura di Velletri, stroncata dal cancro.