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Alessandro Sinigaglia

Nato a Firenze nel 1902, ucciso nel capoluogo toscano il 13 febbraio 1944, meccanico, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria.

Nel 1926, tornato a Fiesole dopo aver svolto il servizio militare in Marina come sommergibilista, Sinigaglia (che lavorava come meccanico) aveva aderito al movimento comunista clandestino. Due anni dopo, per evitare di essere arrestato, fu costretto a espatriare in Francia. Di qui il giovane operaio fiorentino passa in Unione Sovietica, frequenta una scuola di partito, torna al suo lavoro di meccanico e si sposa. Una parentesi in Svizzera, per organizzarvi comunisti italiani fuoriusciti, poi (dopo l'aggressione di Francisco Franco alla Repubblica popolare), Sinigaglia accorre in Spagna. Partecipa alla guerra civile, come ufficiale a bordo di un incrociatore repubblicano, e si distingue bonificando il porto di Barcellona minato dai franchisti.

Nel 1940, l'antifascista italiano (che è riparato in Francia con i reduci delle Brigate Internazionali), è arrestato dalla polizia francese, che lo consegna alle autorità fasciste. Confinato a Ventotene, Sinigaglia riottiene la libertà nell'agosto 1943, dopo la caduta di Mussolini. Alla proclamazione dell'armistizio torna in Toscana e qui (col nome di battaglia di "Vittorio"), comanda una delle prime formazioni gappiste che ha organizzato a Firenze. Pochi mesi dopo, caduto in una imboscata dei repubblichini della Banda Carità, è abbattuto sulla porta di una trattoria in via Pandolfini. Una lapide lo ricorda oggi nel luogo dove fu trucidato; il suo nome è inciso anche con quelli dei partigiani caduti del comune di Firenze e nel Sacrario dei partigiani fiorentini a Rifredi.