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Francesco Moranino

Nato a Tollegno (Vercelli) il 16 febbraio 1920, deceduto a Grugliasco (Torino) il 18 giugno 1971, operaio e poi tecnico tessile.

Nel 1940 si era iscritto al Partito comunista clandestino e già l'anno dopo era finito davanti al Tribunale speciale. Condannato a 12 anni di reclusione, Moranino fu detenuto a Civitavecchia sino alla caduta del fascismo. Il tempo di tornare a casa ed eccolo organizzare, nel settembre del 1943, con il nome di battaglia di "Gemisto", le prime formazioni partigiane nel Biellese. Dopo essere stato comandante del distaccamento Garibaldi "Pisacane", "Gemisto" assunse il comando della 50ª Brigata Garibaldi che diresse sino a quando gli fu affidato l'incarico, prima di comandante e poi di commissario politico della XII Divisione Garibaldi "Nedo". Alla Liberazione, "Gemisto" divenne segretario della Federazione comunista biellese e valsesiana e fu quindi eletto nel 1946 deputato alla Costituente. Sottosegretario alla Difesa nel terzo governo De Gasperi, Moranino fu rieletto deputato nel 1948. Nel 1951 fu nominato segretario della Federazione mondiale della gioventù democratica. Nello stesso anno una montatura giudiziaria, che aveva come obiettivo la Resistenza nel suo complesso ("Gemisto" era stato accusato dell'eliminazione di sette persone, avvenuta nella zona partigiana controllata dalla sua formazione), costrinse Moranino a riparare in Cecoslovacchia per sfuggire all'arresto. Rieletto parlamentare nel 1953, Moranino poté tornare in Italia, ma dovette di nuovo riparare all'estero, quando una maggioranza di centrodestra votò alla Camera l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Processato in contumacia, nel 1956, "Gemisto" fu condannato all'ergastolo. Era così evidente l'intento persecutorio contro il comandante partigiano che, nel 1958, il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, decretò la commutazione della pena in dieci anni di reclusione. Il provvedimento avrebbe consentito a Moranino di tornare in Italia, ma il comandante partigiano rifiutò di accettare questa sorta di grazia. In seguito, il 27 aprile 1965, respinse anche la vera e propria grazia del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Rimpatriò soltanto quando fu ufficialmente riconosciuto che i fatti di cui era accusato erano "atti di guerra" (tra l'altro non da lui ordinati), connessi con la Guerra di Liberazione e quindi giuridicamente legittimi. Rientrato in Italia, Moranino fu eletto, nel 1968, senatore nel collegio di Vercelli con 38.446 voti. Morì, tre anni dopo, stroncato da un infarto.