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“MUOVIAMOCI!”: dal 12 al 28 giugno staffetta partigiana per un’altra Europa: pace, lavoro, democrazia, diritti

Questa Unione Europea non è l’Europa disegnata nel manifesto di Ventotene. Occorre un profondo cambiamento. Occorre sconfiggere i nazionalismi, che hanno portato nel secolo scorso a due guerre mondiali e arginare la corrente e pesantissima offensiva delle estreme destre nel continente. Occorre fermare i folli venti di guerra che spirano fortissimi nell’intero continente. Occorre porre urgentemente alla base dell’Europa i valori della Resistenza antifascista: pace, libertà, unità, lavoro, eguaglianza sociale. Per tutte queste ragioni l’ANPI lancia dal 12 al 28 giugno una mobilitazione di pressione e informazione diffusa sotto forma di “Staffetta Partigiana” in 10 luoghi simbolo dell’antifascismo, della Lotta Partigiana e della barbarie fascista. Da Ventotene –prima tappa –  a Milano, da Fermo a Predappio, da Acerra al “Narodni Dom” di Trieste, la Casa degli Sloveni incendiata nel 1920 dai fascisti. 
Nel programma è inclusa anche la partecipazione alla grande marcia “Save Gaza”, che si svolgerà il 15 giugno da Marzabotto a Monte Sole, di cui l’ANPI è co-promotrice.
 

Di seguito - e in allegato -  l’appello alla partecipazione.
Sono in corso di raccolta le adesioni e la partecipazione di associazioni e organizzazioni sindacali. 

 

APPELLO

PACE

Viviamo tempi drammatici, di passaggio dal mondo unipolare al mondo multipolare, in cui il moltiplicarsi di conflitti armati, guerre ibride, crudeltà e disumanità dovrebbe costringere immediatamente governi e organismi internazionali a fermare ogni forma di ostilità  prima che sia troppo tardi, perché l’umanità tutta è già sull’orlo di un abisso. 
In questo mondo la bussola di ogni nostra scelta è la Costituzione, che ripudia la guerra e consente limitazioni di sovranità solo verso un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.
C’è un clima bellicista che tende all’escalation delle tensioni internazionali contrapponendo oriente e occidente. C’è un’internazionale di estrema destra che attacca le fondamenta dello stato di diritto e mette in discussione gli organismi internazionali preposti alla governance globale: l’ONU, le sue Agenzie e la Corte Penale Internazionale. 
Assistiamo a una folle corsa agli armamenti, anche da parte dell’Unione Europea, che abbandona il pilastro fondamentale della sua ragione d’essere, la convivenza pacifica dei popoli, e punta ad una scellerata politica di riarmo in primo luogo delle singole nazioni. La produzione delle armi porterà il proliferare senza controllo di guerre e violenze. Per questo diciamo No al folle piano di riarmo dei Paesi Ue per 800 miliardi.
L’Europa uscita dalle due guerre mondiali ha già conosciuto questo abisso in tutto il suo orrore e  ha deciso 80 anni fa, sulla base della vittoria contro il nazifascismo, di rinascere e ricostruire le sue fondamenta su di un unico obiettivo comune: la pace. 
La politica dell’UE nei confronti del conflitto in Ucraina si è dimostrata sbagliata e controproducente: non si è mai fatto un bilancio realistico di più di tre anni di sanzioni e di invio di armamenti, né si è mai parlato di negoziato, mentre da un lato si continua a inneggiare a una vittoria militare dell’Ucraina che è quanto mai lontana dalla realtà, e dall’altro si avvia un processo di militarizzazione delle società nella prospettiva dichiarata di una prossima guerra con la Russia. 
Chiediamo per questo con forza che l’Unione Europea, a ogni livello decisionale (Consiglio e Commissione) e con il coinvolgimento del Parlamento Europeo in rappresentanza dei cittadini, si riappropri dei suoi principi fondamentali, mettendo a disposizione tutte le  capacità di negoziato e mediazione per la definizione di nuovi accordi e trattati di pace, recuperando a pieno lo spirito degli accordi di Helsinki del 1975 nella prospettiva di una nuova conferenza di pace che garantisca a tutti una reciproca sicurezza. Spetta infatti all’Unione Europea lavorare al superamento delle attuali violente contrapposizioni nel nostro continente. 
È inaccettabile che l’UE sia stata fino ad oggi afona e sorda, con la lodevole eccezione della Spagna, sulla drammatica crisi del Medio Oriente: è compito dell’UE condannare apertamente la politica del governo israeliano traendone le conseguenze sul piano dei rapporti diplomatici e commerciali, e definire e lavorare con urgenza ad un negoziato per un piano di pace per il Medio Oriente, riconoscendo lo Stato di Palestina e quindi il principio di due popoli e due Stati; accordi e finanziamenti europei saranno inoltre necessari per la ricostruzione di Gaza e di parti della Cisgiordania e soprattutto per inviare aiuti umanitari e alleviare immediatamente le  sofferenze del popolo palestinese. Finalmente, sia pur con gravissimo ritardo, la maggioranza dei Paesi europei ha manifestato l’intenzione di congelare l’accordo commerciale del 2000 con Israele, anche se nulla è stato ancora ufficialmente deciso. Ma sconcerta la defezione del governo italiano e tedesco.

DEMOCRAZIA

A Ventotene, gli antifascisti Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, insieme a Eugenio Colorni, lavorarono all’idea del “Manifesto per un’Europa libera e unita” riconoscendo la necessità di una “rivoluzione” democratica basata su libertà, eguaglianza, solidarietà e federalismo, contro ogni nazionalismo. Da questa idea vogliamo ripartire. Oggi l'Unione Europea (UE), pur rappresentando uno dei più avanzati progetti di integrazione sovranazionale al mondo, manifesta in questi tempi difficili tutta la sua fragilità politica, istituzionale, economico-sociale e un pericoloso deficit democratico. I commissari europei, nominati dai governi rispondono sempre più agli interessi dei Paesi di provenienza. La Commissione, pur godendo di un grande potere propositivo, ha dunque una limitata legittimazione democratica poiché non è al servizio degli interessi dei suoi cittadini e del bene comune.  Al contrario il Parlamento Europeo, sebbene eletto a suffragio universale, non solo non ha iniziativa legislativa, ma viene ormai sempre più spesso ignorato sia dalla Commissione che dal Consiglio, in un allarmante deficit di partecipazione popolare. 
Le elezioni europee registrano sempre di più una bassa affluenza, segno di un senso di distanza e sfiducia tra cittadini e istituzioni europee. Permangono inoltre profonde differenze economiche e politiche tra le regioni europee; alle diseguaglianze non si è stati in grado di rispondere, mentre si alimentano tensioni su temi come il bilancio, l'immigrazione o la politica fiscale. 
Chiediamo una profonda revisione dei Trattati non solo per dare al Parlamento la possibilità di proporre leggi, rafforzando il ruolo dell’unico organismo eletto da tutti i cittadini europei, per aumentare la trasparenza del processo decisionale, per superare il principio di unanimità in settori chiave, per adottare il voto a maggioranza qualificata. Chiediamo tale revisione anche per rivedere l’intera struttura di poteri negli organismi dell’UE equilibrando il ruolo della Commissione e dello stesso Consiglio, nella prospettiva di un sistema istituzionale veramente democratico, incardinato sull’unico organismo eletto da tutti i cittadini europei. Solo su questa base si può creare una vera politica estera europea con una voce unica sia nelle relazioni internazionali, che negli organismi internazionali. L’Unione europea deve dotarsi di una sua diplomazia europea più autonoma, nella prospettiva di figure apicali come il ministro degli Esteri e della Difesa democraticamente eletti. Solo così si può prevedere la nascita di un sistema di difesa europeo, che operi anche nella protezione civile in situazioni di crisi climatica. 
Chiediamo inoltre che venga rafforzata la coesione economica e sociale tra gli Stati membri, aumentando i fondi strutturali a vantaggio delle regioni economicamente più arretrate. Per questo chiediamo un importante incremento del Bilancio europeo, a disposizione dei cittadini e per il bene delle loro condizioni di vita e di lavoro. 

LAVORO

Nell’epoca delle minacce di Donald Trump sui dazi doganali, L'UE deve intervenire per proteggere i posti di lavoro, per difendere i diritti e le condizioni dignitose dei lavoratori, per rafforzare ovunque il modello sociale europeo. Si chiude l’epoca della globalizzazione, ma si apre un nuovo periodo di incertezza sociale che l’Unione europea deve affrontare immediatamente. Gran parte della politica dirompente e dannosa di Trump colpirà soprattutto i lavoratori più duramente, e si aggiungerà agli effetti negativi delle crisi degli ultimi decenni e di quella causata dall’effetto boomerang delle sanzioni alla Russia, in particolare per l’energia.
In primo luogo, dunque, sarà necessario incrementare e sostenere la domanda interna al mercato europeo congiuntamente e in ogni Stato membro; devono essere superate le barriere ancora esistenti all’interno del mercato comune europeo; per questo è necessario aumentare i salari e porre fine all'austerità imposta dal trattato di Maastricht; le regole di austerità economica pesano soprattutto sugli investimenti e sulla creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Uno strumento simile a SURE, adottato durante la pandemia di Covid, garantirà sostegno alle persone rimaste fuori dal mercato del lavoro.  
A maggior ragione a causa dell’emergenza dei dazi americani, lo sviluppo del mercato interno alla UE e la ricerca di nuovi mercati esteri è assolutamente prioritaria, ma non può essere fatta sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici sia in Europa che nel resto del mondo, come in  India, Thailandia, Messico, Mercosur. Occorre promuovere investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, a cominciare dall’Intelligenza Artificiale, e per politiche industriali innovative, rispettose dell’ambiente. Per questo riteniamo pericolosi e inefficaci gli investimenti previsti dal programma del Readness 2030 e ci preoccupa la proposta “Omnibus”, presentata dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, che nell’intento di semplificare la legislazione europea, limita le tutele e le garanzie dei lavoratori della UE . 
In Italia, come in Europa e nel resto del mondo, siamo a fianco di chi si batte per ridare dignità e tutele alle persone che lavorano, perché i salari non siano compressi a vantaggio della competitività; siamo a fianco di chi si batte contro il lavoro povero e contro una precarietà che sembra non avere più limiti, siamo perché venga garantita la sicurezza sul lavoro  di chi si alza ogni mattina per andare a lavorare e abbia la certezza di potere tornare a casa. 

DIRITTI

Diritti sociali e civili sono sempre più sotto attacco nei paesi dell’Unione Europea, eppure essi dovrebbero essere garantiti attraverso un insieme di strumenti giuridici, di politiche e meccanismi di coordinamento tra gli Stati membri. Questi diritti mirano a proteggere i cittadini europei nel lavoro, nell’accesso alla protezione sociale e nell’uguaglianza di opportunità. È qui che è nato il Modello Sociale ed è per questo che devono essere assicurati i servizi primari a cominciare dalla sanità pubblica, ad un lavoro dignitoso, alla casa, all’istruzione scolastica pubblica e di alta qualità. L’istruzione e la sanità sono la misura della solidità dei nostri sistemi democratici. La scuola e la formazione sono un bene assoluto su cui investire. Sappiamo bene che per sostenere la folle corsa al riarmo si intendono tagliare le risorse destinate alle politiche sociali.
Siamo altresì allarmati dai provvedimenti limitativi ai diritti di libertà di espressione e di manifestazione, come è avvenuto e sta avvenendo in alcuni Paesi europei nei confronti delle iniziative di sostegno alla Palestina, in altri verso le manifestazioni LGBT+.
Il fenomeno migratorio non può essere affrontato prevalentemente come una questione di sicurezza, ma deve essere governato in base al principio di solidarietà come una potenziale risorsa, anche davanti al progressivo declino della natalità in Europa, e in qualche caso (Italia) al suo crollo.
Sia l’Europa il continente dell’accoglienza, dell’integrazione e della multiculturalità! 
Diciamo no all’esternalizzazione delle frontiere, no al finanziamento di centri detentivi nei Paesi terzi spacciati come “controllo dei flussi migratori”, come nel caso dell’Albania, Libano,  Tunisia,  e altri.  Sono innumerevoli le violazioni dei diritti umani . 
L’UE dovrebbe promuovere principi di uguaglianza, ma permangono enormi divergenze tra i suoi Stati membri. In alcuni casi (Ungheria, Polonia, Italia) le politiche discriminatorie vengono usate come strumento politico. 

Sia l’Europa il continente del rispetto dei principi di uguaglianza!