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Pagliarulo: "Il sogno partigiano era di pace, democrazia, libertà ed eguaglianza. Il sogno partigiano è il nostro sogno"

 

Esattamente 80 anni fa “Balla Milano” e oggi “Bella Milano”. 
14 luglio, come la presa della Bastiglia, libertà eguaglianza fraternità.
Il sogno partigiano.
Allora la Milano dei partigiani e delle partigiane, la Milano di Giovanni Pesce e Onorina Brambilla, che si sposarono proprio quel giorno, il 14 luglio 1945 a Milano, la Milano di Iso, Aldo Aniasi, poi sindaco, di Stella Vecchio, Gina Galeotti Bianchi, Leopoldo Gasparotto, e tanti, tanti altri. E poi Milano libera e liberata col Sindaco partigiano Antonio Greppi, col figlio ucciso dai fascisti. Una cosa contro natura. Non sono i figli che piangono i padri, come prima o poi è naturale, sono i padri che piangono i figli. È l’oltraggio della guerra.
La Milano di Antonio Greppi, allora, e con lui due ragazzi, un certo Paolo Grassi e un certo Giorgio Strehler. La Milano del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà che sfila il 6 maggio 1945 con Ferruccio Parri, Raffaele Cadorna, Luigi Longo, Enrico Mattei, Mario Argenton, Fermo Solari, Giovanni Battista Stucchi. 
Il sogno partigiano.
“Balla Milano” quel 14 luglio. E si ballava quel giorno a suon di musica e così si evocava pace e felicità. 
“Coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”: così scriveva un grande e controverso filosofo, Friedrich Nietzsche. I milanesi ballavano, perché finalmente potevano sentire la musica, e ballavano per celebrare la fine degli indimenticabili orrori: fra i tanti, i 15 Martiri di Piazzale Loreto, le torture a Villa Triste in via Paolo Uccello da parte della Banda Koch, l’assassinio di Eugenio Curiel in Piazzale Baracca, i bombardamenti, i morti, la distruzione. I milanesi ballavano perché scoprivano il profumo del futuro. E si avviò il tempo del Politecnico di Elio Vittorini, del convitto Rinascita, dei lavori di Albe e Lica Steiner. I milanesi ballavano perché la speranza era diventata possibile. I milanesi dissero “si può fare”. Si può fare libertà, eguaglianza, lavoro. E la fecero, e la chiamarono in tutta Italia con un nome bellissimo e complicato: democrazia. E Arturo Toscanini un anno dopo alla Scala tornò a dirigere l’orchestra.
Poi questi ottant’anni: lo sviluppo industriale, la Ercole Marelli, la Magneti Marelli, la Breda Fucine, la Breda Termo, la Breda Siderurgica, il Tbb, l’Italtel e tante, tante altre fabbriche; le manifestazioni del luglio 60 contro Tambroni, le lotte degli elettromeccanici, il VietNam, la grande stagione degli operai e degli studenti, l’eccidio di piazza Fontana, i consigli di fabbrica, i treni per Raggio Calabria, l’unità popolare contro lo stragismo e il terrorismo, le opere di Mauro Staccioli, di Giò e Arnaldo Pomodoro, i quadri di Ernesto Treccani e Luigi Veronesi, il tempo delle canzoni di Milly e quello di Enzo Jannacci, il teatro di Franca Rame e Dario Fo, il Piccolo e la Palazzina Liberty. E noi che crescevamo nella luce, nella nebbia e nel sapore della città fra delusioni e speranze, fra tormenti e gioie.
E oggi “Bella Milano”, nuovi grattacieli, nuovi quartieri, nuovi problemi, ma sempre con la Madunina, il Castello, la Torre Velasca, sempre la Milano dello spettacolo, della cultura, delle arti, delle professioni, della tecnologia, delle grandi periferie urbane, sociali e culturali; la Milano di oggi, così cambiata, con nuove imprese e nuovi lavori, con le sue bellezze e le sue cicatrici, ma sempre Milano, “Bella Milano”. La Milano sempre antifascista. E se c’è una città smarrita nella lama di solitudine del tempo che viviamo, costruiamo socialità, facciamo comunità, scacciamo la brutta scimmia che ci hanno appioppato sulla spalla, la scimmia della competizione e del nichilismo, cacciamo i mercanti dal tempio, la teocrazia della finanza, la religione del denaro, la lobby delle armi, tagliamo la testa al serpente della diseguaglianza sociale che ha creato una sacca spaventosa di povertà, di rassegnazione e di sfiducia, nominiamo lo straniero che non è un numero ma è un Ali, uno Youssef, un Omar, una Fatima, una Yasmine, una persona come noi che cerca di sopravvivere e forse, se possibile, di vivere, ritroviamoci umani fra gli umani al tempo del riscaldamento globale, delle pandemie, delle grandi migrazioni, del ritorno della guerra, dell’indicibile sterminio di Gaza; riconosciamoci fra giovani e anziani. Abbracciamoci.
Bella Milano. Ma in un Paese sfigurato, dove si richiedono le generalità di chi espone un lenzuolo con la scritta “25 aprile, buono come il pane, bello come l’antifascismo”, dove si censura e si mette all’indice un libro scolastico di storia perché non è nei sentimenti di questo governo, dove si approva una legge che legittima gli eventuali reati dei servizi segreti infiltrati al vertice di organizzazioni eversive o terroristiche, dove ci si gonfia come una rana parlando di italianità e si gira la testa dall’altra parte quando vengono erogate sanzioni dagli Stati Uniti contro una funzionaria italiana delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, dove Antonio Tajani non fa rima con diritti umani, dove si divide il mondo in buoni e cattivi, in bianco e nero, in amici e nemici, perché, se no, come si fa a giustificare l’acquisto di armi per miliardi e miliardi? dove si parla di guerra, e di guerra nucleare, come se fosse una partita a risiko, dove il fascismo ha fatto anche cose buone, dove vogliono dare il potere a una persona sola al comando. Vogliono distruggere il sogno partigiano. 
No, non lasciamo che la Costituzione sia sfigurata!
Da Balla Milano a Bella Milano, la Milano dell’ANPI, la cui storia ha accompagnato la storia della città, da Tino Casali a Carlo Smuraglia, entrambi presidenti nazionali.
Il sogno partigiano era di pace, democrazia, libertà ed eguaglianza. Il sogno partigiano è il nostro sogno. Venti mesi di Resistenza e poi, ottant’anni fa, la Liberazione. Anche oggi è tempo di resistenza. E forse è già tempo di Liberazione.

Gianfranco Pagliarulo - Presidente nazionale ANPI

Milano, 14 luglio 2025