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La vergogna dei Cie

Il problema dei diritti degli immigrati extracomunitari è un tasto dolente quanto urgente in Italia, considerata accanto a Spagna e Grecia avamposto della fortezza Europa, ruolo che spiega la particolare brutalità dei CIE nel nostro Paese rispetto agli altri stati comunitari; condizione che i più preferiscono ignorare favorendo così l'affermazione di pratiche che di umano e civile hanno decisamente poco.

È nata così “LasciateCIEntrare”, a seguito del divieto di accesso ai mezzi di informazioni nei CIE (e di conseguenza nei CARA - Centri di accoglienza per richiedenti asilo), come da circolare del 2011 firmata dall’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni. La mobilitazione è riuscita ad accogliere attorno a sé giornalisti, avvocati, sindacalisti e associazioni che, il 25 luglio del 2011, hanno accompagnato 'dal di fuori' parlamentari di diverse forze politiche in visita nei centri per migranti. Mobilitazione che ha favorito la decisione dell'attuale Ministro Anna Maria Cancellieri di sospendere il divieto.

Si è giunti quindi alla giornata del 4 febbraio scorso quando alcuni candidati, accompagnati da giornalisti, avvocati, artisti (in tutto una trentina di persone), hanno visitato il CIE di Ponte Galeria a Roma e partecipato alla presentazione dell'appello “LasciateCIEntrare” alle forze politiche.
Ormai prossima la tornata elettorale, diverse associazioni impegnate dal punto di vista sociale e culturale si stanno rivolgendo ai candidati delle varie liste affinché assumano nella loro agenda politica tutta una serie di diritti negati o violati.

I centri per detenere amministrativamente i non aventi il permesso di soggiorno, nascono in Italia con il nome di Centri di permanenza temporanea - CPT nel 1998 con la legge Turco-Napolitano. Questa prevedeva l’inserimento in queste strutture di stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione e respingimento non immediatamente eseguibili.

Tale legge venne sostituita dalla Bossi-Fini del 2002, la quale prevede il rilascio del permesso di soggiorno a chi dimostra di avere un lavoro regolare, con tutte le conseguenze di corruzione e ricatto che questo determina nei rapporti fra dipendenti e datori. Una legge che in pratica ha favorito l'abbassamento dei livelli minimi di compenso e tutele - e l'inasprimento delle misure securitarie sui territori con l'introduzione del “reato di clandestinità”.

Chi viene arrestato in quanto “clandestino”, può essere detenuto fino a 18 mesi, senza avere diritto a un processo, in quello che di fatto è un limbo giuridico; tacendo delle sanatorie che, unicamente in Italia, risultano a pagamento con cifre attorno ai mille euro.
Troviamo così, come ci ricordano anche i giornalisti presenti il 4 febbraio - anniversario della promulgazione della Carta dei Diritti dei migranti di Goreè - a Ponte Galeria, centri sovraffollati di persone in fuga da guerre, persecuzioni e miseria; oppure di immigrati residenti da decine d'anni in Italia che, a causa della perdita di lavoro, per un divorzio, o perché i genitori si sono dimenticati di rinnovarne il permesso, si sono visti privare della libertà. Stranieri colpevoli di fatto di non appartenere ad uno Stato membro della Comunità Europea in un periodo di difficoltà economica generalizzata; stranieri in uno Stato in cui il migrante è una categoria, non una persona, da schedare e segregare rendendogli desiderabile la fuga e la sopravvivenza con espedienti, favorendo la criminalità organizzata e i procacciatori di lavoro in nero, soprattutto in campo edile e agricolo.

Ma come sono i Centri di indentificazione ed esplusione?
A detta degli stessi 'ospiti', come appunto vengono definiti, sono peggio delle carceri, con condizioni al limite dell'umano. Da tempo ormai nei CIE italiani si registrano rivolte settimanali, nonostante i media non riescano - o non vogliano - darne notizia. Rivolte disperate contro la reclusione, la brutalità, contro le violenze anche psicologiche.

“I tanti episodi di rivolte e di fughe, di suicidio, di autolesionismo, le molteplici violenze subite, l’alto tasso di consumo e l’abuso di psicofarmaci indispensabili a sopportare un 'regime carcerario' legalizzato - si legge nell'appello di “LasciateCIEntrare” - sono comprovati non solo dalla cronaca ma anche da approfondite ricerche”. Non a caso il tribunale di Crotone, in una recente sentenza, ha assolto tre immigrati dal reato di danneggiamento di un centro, dichiarando che è giusto ribellarsi alle condizioni di vita in questi luoghi, dove viene negata oltre la libertà anche la dignità umana.

Tale stato di cose favorisce una serie di interessi, fra cui quelli delle cooperative e delle multinazionali che gestiscono il 'servizio'. Susanna Marietti, giornalista ammessa a Ponte Galeria, scrive su Il Manifesto del 5 febbraio scorso: “A gestire il centro è la cooperativa Auxilium. Il responsabile ci spiega che per ogni 'ospite' prendono una retta di 41 euro giornalieri. Di questi, 34 euro sono usati per pagare gli stipendi dei lavoratori di Auxilium e solo i restanti sette per i servizi agli stranieri rinchiusi, assistenza sanitaria e cibo compresi”. Condizioni di cui alcuni mediatori culturali, avvocati, attivisti e assistenti sociali, hanno scritto, tentato di parlare, venendo per lo più ignorati dalla popolazione e anche dai politici, fra i quali parla di immigrati solo chi utilizza l'accezione negativa.

La campagna “LasciateCIEntrare” sta tentando di superare lo stato di cose esistente: “Si deve avere il coraggio di riconoscere nella legge Bossi-Fini alcuni pericolosi tratti di razzismo di Stato, di fronte al quale non possiamo e non vogliamo tacere” ha dichiarato Gabriella Guido, portavoce della campagna, come riportato da Articolo21. Parole nette che sembrano evocare un passaggio del documento politico-programmatico del 15 Congresso Nazionale dell’ANPI, svoltosi a Torino nel 2011: “No al razzismo, no alla xenofobia, no alla omofobia. Ogni anno milioni di uomini e donne, in un mondo in cui si muore di fame e di guerre, lasciano i loro Paesi in cerca di una vita migliore laddove, per diverse ragioni, c’è bisogno di forza lavoro. Anche in Italia l’immigrazione è una grande questione nazionale da affrontare con adeguate politiche strutturali e di accoglienza e integrazione e non invece, come avviene ad opera delle destre e della Lega Nord al governo con la politica dei respingimenti, con visioni di mero ordine pubblico che alimentano esasperazioni e paure, e strumentalizzano per fini elettoralistici gli stessi bisogni di sicurezza dei cittadini. Si negano così i diritti degli immigrati e in particolare quelli garantiti ai rifugiati politici dalla convenzione di Ginevra, quelli stessi garantiti dalla Costituzione. (...) Per questo si rende necessario sviluppare azioni concrete al fine di eliminare le intollerabili condizioni di semi schiavitù a cui molti lavoratori immigrati sono costretti nel nostro Paese, promuovere sostanziali modifiche al sistema dei Centri di Identificazione e di Espulsione – oggi inaccettabili e da chiudere – che non garantisce il pieno rispetto dei diritti democratici e prevedere l’abolizione del reato di clandestinità. In questa battaglia politica e culturale, l’Anpi e l’antifascismo devono essere in campo quali essenziali punti di riferimento (...)”.

Dall'autunno del 2012 la campagna “LasciateCIEntrare” chiede esplicitamente la chiusura dei Centri di espulsione e identificazione, e il 4 febbraio si è voluto dare un segnale forte in questo senso. Si vedrà nei prossimi mesi se è stato recepito, considerando che gli immigrati non votano e i loro diritti potrebbero pertanto non essere considerati una priorità.


Gemma Bigi