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Manlio Gelsomini. Campione partigiano

di Valerio Piccioni, Ed. Gruppo Abele, 2014, pp.174, euro 14,00

In queste pagine, il giornalista Valerio Piccioni ha ricostruito la drammatica storia di un medico, campione di atletica (si allenava tutti i giorni alla Farnesina, a Roma, e correva i cento metri in undici secondi netti) che decise con coraggio di aderire alla Resistenza, finendo torturato in via Tasso e ucciso nelle Fosse Ardeatine. Si chiamava Manlio Gelsomini. Era nato a Roma il 9 novembre 1907.

In sua memoria sono dedicate a Roma quattro lapidi. Quella della sua ultima abitazione, in via Venezia 18; al Policlinico Umberto I, dove lavorava, al primo piano vicino alla Biblioteca (oltre al suo nome c’è pure quello del dottore Luigi Pierantoni, altro medico ucciso alle Fosse Ardeatine); in piazza dell’Immacolata 27, sul muro dell’edificio del suo studio medico; e, infine, in via Re Tancredi 6, dietro piazza Bologna, dove il nome di Gelsomini è accostato – nella comune militanza nell’Unione Sindacale del Lavoro – a quello di Mario Tapparelli (che viveva nell’edificio), Franco Saverio Sardone, Arturo D’Aspro, Alberto Giacchini e Giovanni Senesi.

Con decreto luogotenenziale, il 12 ottobre 1945, gli è stata conferita la medaglia d’oro al valore militare, alla memoria, con questa motivazione: “Fu tra i primi ad organizzare un movimento di resistenza armata, nella zona dell’Alto Lazio…con fermezza d’animo, con l’ascendente personale e generoso sprezzo della vita, durante i giorni del terrore nazifascista, fu di luminoso esempio ai propri dipendenti, donando fiducia ai timorosi e accrescendo audacia ai forti…”.

Ufficiale medico, dopo l’8 settembre, partecipò ai combattimenti di Porta San Paolo, quando – all’indomani dell’Armistizio fra l’Italia e gli Alleati – l’esercito tedesco si impadronì di Roma. Aderì, poi, al fronte militare clandestino, organizzando gli sbandati a nord di Roma (Concentramento di “Monte Soratte”), con il soprannome di “Ruggero Fiamma”. Partecipò ad azioni contro i tedeschi, continuando a svolgere l’attività di medico. Una spia lo fece catturare, mentre andava ad assistere un ferito. Un infiltrato che faceva il doppio gioco, in continuo contatto con i partigiani, ma al soldo dei tedeschi: un romano, sedicente produttore cinematografico a Londra; ricercato a Parigi, per una truffa, ai danni di una ricca signora milanese.

Una storia, quella di Gelsomini, fra imboscate notturne e proclami. Fino ai sogni e agli incubi di via Tasso, in un diario, compilato “tragicamente”, scritto da chi sente l’avvicinarsi della fine: il 24 marzo 1944.

Nella presentazione del libro è messa in evidenza la densa narrazione (pagina dopo pagina) e la documentata e minuziosa ricerca dei dati e dei fatti, in cui si rincorrono passato e presente, i ricordi e la vita reale, le ricostruzioni storiche e le ipotesi. Il percorso personale e politico di un giovane, di un professionista colto – altruista e atleta – che, come altri della sua generazione, la vita, le circostanze e gli ideali trasformarono in eroe.