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Commemorazione dei fucilati alle "Fosse del Natisone"

Domenica 16 dicembre 2012

Commemorazione degli 8 partigiani fucilati al campo sportivo “Martiri della Libertà”

e dei 105 partigiani, militari e civili fucilati alle “Fosse del Natisone”.

Programma

ore 10,00 - Ritrovo autorità e rappresentanze presso la Loggia Municipale;

ore 10,30 - Corteo verso il campo sportivo "Martiri della Libertà" e deposizione corona alla lapide ricordo;

Proseguimento del corteo verso il Cippo monumentale nella Caserma "Francescatto" e deposizione corone;

Saluto del Sindaco di Cividale;

Saluto dell'ANPI di Cividale;

Orazione ufficiale della dott.ssa Irene Bolzon, ricercatrice di Storia presso l'Università degli Studi di Udine.

La fucilazione degli otto partigiani avvenuta il 18 dicembre 1944 all’ingresso del campo sportivo della città fu effettuata da un plotone comandato da un fascista italiano e composto da militi tedeschi e italiani, i corpi straziati dei fucilati restarono esposti alla visione dei cittadini e, solo dopo due giorni, per interessamento dell’Arciprete Mons. Valentino Liva, vennero sepolti in una fossa dietro la caserma.

Il manifesto affisso dal Tribunale Speciale per la Sicurezza Pubblica che annunciava l’avvenuta esecuzione degli otto partigiani ne ho consentito l’ identificazione. Essi sono:

Bastiani Rodolfo, da Cormons di anni 38; Terpin Stojan, da Vipolže (Slovenia) di anni 19; Marinic Anton, da Dobrovo (Slovenia) di anni 18; Pahor Franc di Opatje Selo (Slovenia) di anni 20; Impalà Giacomo daSanta Lucia del Mela (ME) di anni 30; Faidutti Aldo da Saciletto di anni 21; Puntin Lodovico da Aquileja di anni 19; Rocchetto Severino da Palazzolo dello Stella di anni 18.

Sessantanove anni sono trascorsi dall’inizio di quelle vere e proprie stragi che vennero perpetrate, per 20 lunghissimi mesi, nei pressi della caserma “Principe Umberto” attuale sede dell’8° Reggimento Alpini. La caserma, nel settembre del 1943, diventa la sede del Comando distrettuale tedesco e sede del Pz.Kp. della 24ª Waffen-Gebrings “Karstjager” delle SS. Essa fu utilizzata, in tutto il periodo successivo, come luogo di detenzione di decine di partigiani, di militari e di semplici civili ritenuti, a torto o a ragione, colpevoli del reato peggiore: quello di aver trovato la forza di opporsi al dominio nazifascista. Furono tantissimi coloro i quali vennero arrestati, rinchiusi, detenuti, torturati e fucilati: il primo fu l’operaio di 24 anni Antonio Rieppi, ucciso il 2 ottobre del 1943, e dopo di lui le vittime furono più di cento. Si continuò a uccidere fino al 1 maggio del 1945, e le testimonianze raccolte nel dopoguerra presso la gente di borgo San Giorgio consentono d’intuire che le cifre dell’eccidio furono forse più spaventose di quelle effettivamente accertate.