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Salvatore Jannello

Nato a Sommatino (Caltanissetta), ucciso a Montbuzat (Francia) il 22 aprile 1944, minatore.

Di "Gianellò", come lo chiamavano in Francia, non si conosce la data di nascita. Si sa soltanto che era emigrato Oltralpe in giovanissima età, che aveva trovato lavoro come minatore e che aveva militato nel Partito comunista e nella locale Unione popolare italiana. Durante l'occupazione nazista, fu per Jannello naturale operare tra i minatori di Le Mure, diffondendo stampa clandestina e organizzando scioperi e sabotaggi. Arrestato nel settembre del 1942, l'emigrato italiano fu prima rinchiuso nella fortezza di Montluc e poi trasferito nel carcere di Le-Ouy-en-Velay, dove rimase per più di un anno. Nella notte tra il 1° e il 2 ottobre del 1943, la prigione fu assaltata audacemente da un gruppo di partigiani che riuscirono a liberare ottanta detenuti politici. Tra questi era anche Salvatore Jannello che, con gli altri, tra i quali l'oriundo italiano Pietro Tresso, raggiunse il "maquis" del Meygal, rafforzando considerevolmente la formazione partigiana lì attestata. Da allora e per otto mesi, i miliziani del governo di Vichy si sforzarono vanamente di eliminare quel centro di resistenza; dopo dieci inutili assalti, i collaborazionisti si risolsero a chiedere l'aiuto degli occupanti nazisti. Il 22 aprile del 1944 la milizia di Petain attaccò, appoggiata da un massiccio spiegamento di truppe tedesche. Nel territorio di Montbuzat (comune di Yssingeaux) una vera e propria battaglia si combatté per alcune ore. La formazione partigiana fu decimata. Tra i caduti "Giannellò" e un combattente spagnolo: i due erano rimasti feriti e furono trucidati sul posto.