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Francesco Viviani

Nato a Verona il 20 dicembre 1881, morto a Buchenwald (Germania) il 9 aprile 1945, laureato in Lettere e in Giurisprudenza.

Dopo essersi laureato in Lettere all'Università di Padova, aveva partecipato al conflitto mondiale 1915-18 come ufficiale di complemento degli Alpini. Nel primo dopoguerra, si era battuto a Verona contro gli squadristi fascisti ed era stato tra gli organizzatori del movimento "Italia Libera" nel Veneto. Nel 1925, dopo il fallito attentato di Tito Zaniboni contro Mussolini, Viviani era stato fermato e, pochi giorni dopo, rilasciato perché nulla risultò a suo carico. Proprio questo episodio forse, lo indusse a progettare, con alcuni anarchici veronesi, l'attentato al duce che, nel 1926, si concluse con l'uccisione, per mano dei fascisti a Bologna, del diciassettenne Anteo Zamboni. Dopo l'emanazione delle Leggi eccezionali, Francesco Viviani, (che nel 1922 aveva già pubblicato lo studio Catullo elegiaco, mentre insegnava al Liceo "Ariosto" di Ferrara) è sospeso dall'insegnamento. La sospensione, ancora valida nel 1928, lo spinge a richiedere, inutilmente, un passaporto per emigrare in Francia. Nel 1930 inizia la sua collaborazione, con articoli di letteratura e di critica musicale, al Corriere Padano di Ferrara. Pubblica inoltre, nello stesso anno Augusto e la Nemesi, Il verbo greco, ed altri lavori. Per motivi politici, nel 1936, è trasferito al liceo di Sciacca, e l'amico Nello Quilici, direttore del Corriere Padano, gli affida l'incarico di corrispondente per le rappresentazioni del dramma greco in Sicilia. Viviani decide a questo punto di laurearsi in Giurisprudenza e, nel 1938, sostiene con successo la tesi. Ma anche l'esercizio di questa professione gli viene impedito. L'avvocato vive stentatamente nella sua città e si apparta anche dalla vita politica sino al 1943, quando s'iscrive al Partito d'Azione clandestino. Dopo l'armistizio, ecco il professore di nuovo attivo. Quando i membri del CLN provinciale cadono tutti nelle mani dei nazifascisti, Viviani entra nel ricostituito organismo della Resistenza in rappresentanza del PdA. Opera attivamente sino al 2 luglio del 1944, quando anche lui viene catturato. Rinchiuso nel carcere veronese degli Scalzi, Viviani è poi tradotto in Germania. Dopo una sosta nel campo di Bolzano è avviato ad Auschwitz e di lì nel campo di Buchenwald, dove morirà il 9 aprile del 1945. Una rara, drammatica fotografia scattata nel lager, lo raffigura mentre un compagno di prigionia lo trasporta a spalle, poco prima che si spenga. A Verona, dove gli hanno intitolato quella che era nota come piazza Navona, il nome di Viviani compare in alcune lapidi poste a ricordo. All'Istituto veronese per la storia della Resistenza è conservato un "fondo" lasciato dalla sorella. In provincia di Ferrara sono deliberati ogni anno i "Riconoscimenti Francesco Viviani", per gli studenti che alla maturità ottengono una votazione di 100/100. Sulla figura di questo generoso antifascista, nel 1987, Virgilio Santato ha pubblicato il libro Un intellettuale nell'Antifascismo - Francesco Viviani (1891-1945): dall'"Italia Libera"a Buchenwald.