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Francesco Fancello

Nato a Oristano (Cagliari) il 19 marzo 1884, deceduto a Roma nel 1970, laureato in Legge, giornalista e scrittore.

Durante la Prima guerra mondiale, alla quale partecipò come ufficiale degli Arditi, fu decorato con due Medaglie d'argento. Con Emilio Lussu fu tra i fondatori del Partito sardo d'Azione. Convinto antifascista, nel 1927 fu licenziato, per le sue idee, dagli Ospedali Riuniti di Roma, dove era diventato, in pochi anni, direttore amministrativo. Trasferitosi a Montepulciano (Siena), per amministrarvi una tenuta e fare il precettore, Fancello mantenne i contatti politici con i dirigenti di "Giustizia e Libertà", sino a che (nell'ottobre del 1930), fu arrestato con Riccardo Bauer, Ernesto Rossi e altri esponenti azionisti. Nel maggio del 1931, il Tribunale speciale lo condannò a 10 anni di reclusione. Ne trascorse cinque in carcere e, in seguito ad un'amnistia, altri cinque al confino a Ponza. Nel 1938 un altro processo, a Napoli, gli valse il trasferimento a Ventotene, dove restò sino alla caduta del fascismo. Dopo l'armistizio, Francesco Fancello partecipa attivamente alla Resistenza, nella Capitale occupata dai nazisti. Membro del Comitato esecutivo del Partito d'Azione, dirige con Leone Ginzburg il periodico clandestino Italia Libera. Dopo la Liberazione e lo scioglimento del Partito sardo, Fancello passa al PSI e dirige a Genova, con Sandro Pertini, Il Lavoro. Continua a coltivare la sua passione per la narrativa, che si tradurrà nelle opere (firmate con lo pseudonimo di Francesco Brundu): Il diavolo tra i pastori (Mondadori, 1945), Il salto delle pecore matte (De Carlo, 1949), Adalgisa e altri racconti (pubblicato postumo dalla Edes di Sassari, nel 1997). Dello stesso autore, si ricorda il saggio (edito a Roma, nel 1944, dalla Poligrafica Italiana), Il Partito d'Azione nei suoi metodi e nei suoi fini.