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Italia: dalla guerra di aggressione alla guerra di liberazione

L'Italia, legata alla Germania dal Patto d'Acciaio (22.5.1939) e alla Germania e al Giappone dal Patto Tripartito (27.9.1940), non entra in guerra al momento dell'invasione tedesca della Polonia (settembre 1939), ma solo un anno dopo, nel giugno 1940. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, il fascismo, consapevole dell'impreparazione economica e militare del paese e delle sue forze armate, sceglie la formula della “non belligeranza”, un apparente disimpegno che permetterebbe, nelle intenzioni del regime, di rafforzare le strutture offensive e difensive dello Stato in vista di un impegno diretto.

In realtà, quando Mussolini decide l'ingresso del paese in guerra, non compie tale scelta in ragione di un raggiunto approntamento dei reparti e delle risorse, tutti messi a dura prova dalle numerose guerre del regime. La decisione è presa, piuttosto, per timore di arrivare tardi alla spartizione del bottino guadagnato dal potente alleato tedesco, che sta in quel momento dominando su tutti i fronti. La dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, seguita, il 28 ottobre 1940, da quella alla Grecia, comporta l'impegno italiano su più fronti: il primo è quello delle Alpi occidentali fino all'armistizio con la Francia (24 giugno 1940), in una battaglia che si sostanzia nell'attacco a un paese già praticamente sconfitto dalle truppe tedesche, e nonostante questo notevoli problemi per le truppe italiane; su quello dell'Africa orientale, dove si combatte contro i britannici una campagna che, fatta eccezione per la guarnigione stanziata a Gondar, gli italiani perdono già nel maggio 1941 (Gondar cade in novembre): è una sconfitta che comporta la perdita delle colonie e la fine della cosiddetta Africa Orientale Italiana. Ancora, gli italiani combattono, dal 10 giugno 1940, anche in Africa Settentrionale, sostenuti, dal marzo 1941, dall'Afrikakorps del generale tedesco Erwin Rommel. È il fronte di combattimento (cioè, non di occupazione) sul quale l'alleanza italo-tedesca regge più a lungo: le forze dell'Asse, infatti, saranno sconfitte solo nel maggio 1943, dopo le fondamentali battaglie combattute a El Alamein (Egitto, luglio e ottobre-novembre 1942). In Africa Settentrionale gli italiani affrontano anche le truppe americane, sbarcate in Marocco e Algeria dal novembre 1942 (Operazione Torch). Altro fronte di combattimento italiano è quello balcanico: italiani e tedeschi occupano entro l'aprile del 1941 Jugoslavia e Grecia, sebbene la guerra italo-greca abbia fin dall'inizio rappresentato un serio problema per i reparti fascisti, minacciati dai greci addirittura all'interno dei confini albanesi (l'Albania è un protettorato italiano dal 1939, Vittorio Emanuele III ne è re). Solo l'intervento tedesco nell'aprile 1941 risolve la situazione, modificando tuttavia, in senso estremamente concreto, il rapporto tra i due alleati dell'Asse: la guerra dell'Italia, che nelle intenzioni di Mussolini doveva essere “parallela” a quella della Germania, si rivela una vera e propria guerra “subalterna” al camerata più forte. Infine, oltre alla guerra sul Mediterraneo tra Regia Marina (sostenuta dalla Kriegsmarine tedesca) e Royal Navy britannica, risolta nella netta vittoria di quest'ultima, gli italiani si impegnano, dal luglio del 1941 al gennaio del 1943, nell'Operazione Barbarossa, la campagna di Russia, che si concluderà con la distruzione completa dell'ARMIR (Armata Italiana in Russia).

La seconda guerra mondiale degli italiani è un conflitto combattuto in netta condizione di inferiorità, sia nei confronti dei nemici anglo-americani e sovietici, sia nei confronti degli alleati tedeschi. Equipaggiamento scarso o inadeguato, impreparazione dei vertici militari e politici, incapacità delle truppe non preparate per un conflitto di tali dimensioni, si concretizzano in una guerra combattuta male al fronte e in un'occupazione difficile, spesso gestita con metodi brutali, nei territori invasi (Jugoslavia, Grecia, Unione Sovietica). Questo per quanto riguarda gli italiani alle armi; tuttavia, la seconda guerra mondiale è anche per il fronte interno una guerra totale, che comporta il pieno coinvolgimento dei civili, costretti a vivere per anni in città quotidianamente bombardate, con i viveri razionati fino alla malnutrizione e alla fame, privi dei più elementari servizi atti alla sopravvivenza collettiva e individuale. Difatti, il primo fronte a crollare sarà proprio quello interno, sbalordito dalle sconfitte al fronte e dalla morte in casa procurate, innanzitutto, dall'incapacità del regime di difendere la propria nazione, al di là della retorica surreale della propaganda.

Il 9 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcano in Sicilia e cominciano la conquista-liberazione della penisola. Internamente il fascismo ha già dovuto fronteggiare le prime palesi ribellioni, dovute ai bombardamenti, al razionamento del cibo alle ristrettezze economiche e agli scarsi esiti deludenti delle campagne belliche. Nel marzo 1943 il nord è caratterizzato da un'ondata di scioperi, i primi da quando il fascismo ha reso reato l'astensione volontaria dal lavoro. Le richieste di pane e pace degli scioperanti hanno un chiaro significato politico.

Il Nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo decreta l'estromissione di Mussolini dal governo. Poche ore dopo, l'ex duce è tratto in arresto per volere del re, che il maresciallo Pietro Badoglio (1871-1956) capo del governo.

In tutta Italia si hanno manifestazioni di gioia spontanea da parte della popolazione, che interpreta la caduta del fascismo come la fine della guerra. Badoglio si affretta però a dichiarare che la guerra continua al fianco degli alleati tedeschi, che nel frattempo stanno penetrando in forze nel paese, ufficialmente per sostenere i reparti italiani che stanno affrontando gli Alleati in Sicilia. I quarantacinque giorni che separano la caduta del fascismo dalla proclamazione dell'armistizio sono contraddistinti dalla feroce repressione delle manifestazioni popolari per la pace, ma anche da una prima riorganizzazione dell'antifascismo politico e, da parte del governo, da trattative segrete con gli Alleati. Il 3 settembre 1943 viene stipulato l'armistizio tra Italia e anglo-americani: si tratta, in realtà, della resa incondizionata di un paese effettivamente incapace di proseguire una guerra che ha perso fin dall'inizio. La stipulazione dell'armistizio è resa nota solo l'8 settembre, senza che sia per questo stato predisposto, da parte italiana, un piano per fronteggiare le truppe tedesche presenti sul territorio nazionale ed estero. Abbandonati a se stessi, i militari italiani tentano, in alcuni luoghi d'Italia e dei territori d'occupazione, di resistere alle richieste di disarmo che provengono dagli ex camerati, ma questi primi atti di Resistenza si concludono, il più delle volte, con la reazione feroce dei tedeschi, che uccidono migliaia e migliaia di soldati italiani disarmati. Centinaia di migliaia di altri militari, invece, sono catturati e inviati nei campi di concentramento, dove divengono manodopera coatta del Reich.

Il re, la sua famiglia e il governo, intanto, abbandonano Roma e fuggono a Brindisi. Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, viene liberato da paracadutisti tedeschi. Dopo un incontro con Hitler, il duce dà vita alla Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò, sul Lago di Garda. La RSI sarà uno stato autonomo – con un proprio governo, un proprio territorio, un proprio esercito – sottoposto però a una stretta “sorveglianza” da parte degli alleati tedeschi, che ne regoleranno la politica estera e ne controlleranno quella interna.

Ha inizio così il periodo più difficile della storia dell'Italia unita, che in realtà unita non è più, trovandosi frammentata in due entità statali, una delle quali – il Regno del Sud – legittima e legittimata anche dalla continuità istituzionale, e l'altra – la Repubblica Sociale Italiana – illegittima e sottoposta al dominio straniero dei tedeschi che, tra l'altro, si sono direttamente appropriati di parte del territorio nazionale (le province di Bolzano, Trento, Belluno, Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana). È il periodo, però, anche più importante della storia dell'Italia unita, e questo grazie allo sviluppo della lotta di Resistenza che, nelle sue svariate forme, contribuisce sensibilmente alla liberazione d'Italia e alla sconfitta del nazismo e del fascismo.

Con lo sbarco alleato in Normandia, nel giugno 1944, comincia la liberazione della Francia e dell'Europa continentale. Ci vorrà però ancora quasi un anno di guerra perché la Germania, invasa a ovest dagli anglo-americani e a est dai sovietici, che arriveranno a Berlino, si arrenda.

Il 28 aprile 1945, nei giorni della liberazione delle grandi città del settentrione d'Italia, Mussolini, catturato dai partigiani mentre tenta di scappare in Svizzera, è fucilato su ordine del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). Due giorni dopo, Adolf Hitler si suicida nel suo bunker berlinese. Tra l'8 e il 9 maggio, con la resa della Germania, la guerra in Europa è ufficialmente finita.

La guerra nel Pacifico prosegue tuttavia per alcuni mesi, per terminare solo dopo l'attacco atomico americano su Hiroshima (6.8.1945) e Nagasaki (9.8.1945). Il 14 agosto il Giappone si arrende.