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L'ALBA DELLA DEMOCRAZIA: dal 25 aprile 1945 all'approvazione della Costituzione

Editoriale del numero speciale

Memoria: tesoro e custode delle cose

di Gianfranco Pagliarulo, direttore di www.patriaindipendente.it

Cos'è la memoria? Fra le mille risposte possibili, scelgo una citazione di Cicerone: la memoria è “thesaurus” e “custos”. Cioè tesoro e custode – scriveva – di tutte le cose. Perciò una risorsa (tesoro) e una sicurezza (custode). Sono parole attuali mai come oggi, nel tempo di un “infinito presente”, in cui si smarriscono legami e radici di ciò che è avvenuto prima e, di conseguenza, il senso e la speranza di ciò che avverrà dopo. Senza passato non c'è futuro, se si vive il presente come un giorno per giorno sempre più impoverito e segnato dal buio delle paure: dell'ignoto, dell'altro, del diverso. Smarrita la bussola di ciò che si è vissuto, diviene invisibile qualsiasi orizzonte di ciò che si vivrà. E si sopravvive, certo, ma come nel Paese dei ciechi.

Anche per questo diamo vita a un numero speciale di Patria indipendente – su carta, diversamente dal periodico online che poche settimane fa ha celebrato il suo secondo compleanno – dedicato all'Italia del tempo successivo al 25 aprile 1945, fino alla fine del 1947 quando, il 27 dicembre, fu promulgata la Costituzione, che entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

Fu un tempo difficilissimo e complicato: si usciva da una guerra devastante, dove, pagando un altissimo prezzo, si è era scacciato l'invasore nazista e il suo complice fascista, dopo un anno e mezzo di divisione lacerante del Paese fra il Regno d'Italia, la (sedicente) repubblica di Salò, i territori amministrati dai tedeschi (la Zona d'operazioni delle Prealpi che comprendeva le province di Trento, Bolzano e Belluno, e la Zona d'operazioni del Litorale adriatico e cioè le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana).

Eppure, nonostante un Paese lacerato, sfibrato, impoverito, si avviava immediatamente una straordinaria opera di ricostruzione democratica che portava nel 1946 a tre grandi eventi: il referendum istituzionale fra repubblica e monarchia, le elezioni e l'insediamento dell'Assemblea costituente che avrebbe disegnato l'assetto costituzionale dell'Italia, il diritto di voto per le donne che avrebbero così partecipato alle elezioni per la Costituente e alle diverse tornate delle amministrative del 1946.

Il 1947 fu l'anno del gravoso trattato di pace, di innumerevoli lotte sociali inasprite dell'inizio della cosiddetta “guerra fredda”, ma fu anche l'anno della Costituzione, che prendeva via via forma ed infine vita alla fine di dicembre, onorando così il debito ideale contratto con quello straordinario movimento di popolo, armato e disarmato, civile e sociale, che abbiamo denominato Resistenza, ed, assieme, con i suoi primi protagonisti: una generazione di ragazzi e ragazze, molti dei quali persero la vita, che si chiamarono partigiani. Una Costituzione – scrive su questa pagina Carlo Smuraglia – da amare. E perciò da realizzare pienamente, se è vero – come è vero – che a distanza di tanti decenni ancora in parti essenziali essa non è pienamente applicata.

Ecco, questo è il succo della rivista. Con un'aggiunta: una carrellata di come eravamo, e cioè la vita quotidiana, i film, i romanzi, le notizie di cronaca, insomma, croci e delizie di un tempo arduo, ma ricco di aspettativa e di desiderio, perché – in fondo – dopo l'inverno più gelido segue sempre la primavera.

Una parola di ringraziamento – doveroso – a tutti coloro che hanno contribuito a dar vita a queste pagine: storici, ricercatori, letterati, partigiani. E una rapida conclusione: se la memoria, come scriveva Cicerone, è tesoro e custode, cioè risorsa e sicurezza, la memoria di quel tempo lo è a maggior ragione, perché fu allora che nacque un'altra Italia, quella della pace, della Repubblica e della sovranità popolare.

Oggi, negli anni oscuri e confusi che viviamo, risorge in Italia e nel mondo il pericolo dei fascismi. Ci serve ricordare il clima, le cronache, gli eventi di quel tempo che abbiamo definito “l'alba della democrazia”, affinché quell'idea che ha intessuto la vita degli ultimi settant'anni non corra il rischio, né oggi, né domani, del suo tramonto. Come ci insegna la storia del 900, il declino e la crisi delle democrazie si è concluso con regimi sanguinari, di stampo fascista o nazista. Dunque, la memoria. Perché, citando lo scrittore George Santayana, “coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.