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Una grande alleanza per il cambiamento

Gli organi di informazione si occupano spesso del distacco e della sfiducia dei cittadini. Non sempre, però, alle constatazioni fa seguito un reale approfondimento delle cause del fenomeno e di ciò che occorrerebbe fare per realizzare un vero ed effettivo cambiamento. Partiamo dalla crisi dei partiti, non solo in termini di iscritti, ma anche sotto il profilo della autorevolezza e della fiducia che in loro dovrebbe essere posta.
Per alcuni partiti, non è neppure più il caso di parlare di iscritti e perfino di “appartenenti”. Per altri, il calo degli iscritti e dei partecipanti è evidente a chiunque, anche se ci sono momenti di attenzione e di “risveglio” (certe campagne per le primarie, ad esempio), a cui per altro non consegue un andamento significativo e costante. I dati reali di cui si dispone non sono molti, anche perché sono ormai lontani i tempi in cui le potenti organizzazioni dei principali partiti battevano sistematicamente lo Stato, quanto a celerità e completezza di informazioni.

Tuttavia i fenomeni sono tangibili e resi più visibili anche dal fatto che stanno venendo meno le principali articolazioni periferiche dei partiti. A tutto questo si aggiunge il dato, finora contenuto, dell'astensionismo elettorale, non smentito neanche dai sondaggi più ottimisti relativamente alle votazioni future. Si ha dunque un quadro che investe la società italiana, almeno nell'ambito politico che ne è parte non solo significativa, ma essenziale. Il fenomeno del “distacco” così rilevante dei cittadini, della indifferenza di molti, dell'abbandono delle speranze, perfino da parte dei giovani (che dovrebbero averne per definizione), è particolarmente preoccupante, perché la partecipazione è il sale della democrazia, anzi ne costituisce l'essenza materiale. Come si supera questo gap su ciò che occorrerebbe, specialmente in una fase difficile e complicata come quella attuale? Qualcuno, nel campo dell'associazionismo, si pone questo problema seriamente e cerca di trovare soluzioni, anche modificando qualcosa del suo modo di essere.

Altri (i partiti) sembrano più interessati ad altri problemi ed appaiono convinti che basti un po' di comunicazione e di propaganda per riavvicinare i delusi, gli scontenti, i rassegnati; senza rendersi conto, peraltro, che non basta dirlo, ma bisogna operare creando le condizioni necessarie per questo indispensabile recupero. Purtroppo, si punta più sulla comunicazione e sulla propaganda che non sui comportamenti, senza capire che il disagio generale nasce dalla mancanza di serie prospettive, di idee ed azioni non propagandistiche, ma lungimiranti ed idonee a sciogliere i nodi di una società in crisi. Possiamo dire, addirittura, che assai spesso si procede in una direzione sbagliata e opposta, rispetto a quella che dovrebbe fondarsi su una rinnovata e buona politica. Si potrebbero fare mille esempi, ma basta pensare alla corruzione dilagante perfino nelle forme più volgari, al trasformismo politico (265 cambiamenti di “casacca”, in questi anni, nel Parlamento italiano), a certi fenomeni che sanno di nepotismo o di familismo.

Quale prospettiva può nascere da una società in cui nulla sembra più essere garantito (neppure il risparmio familiare, una volta così importante non solo per le famiglie, ma perfino per l'economia del Paese) ed in cui mancano i presupposti di sicurezza e dignità su cui possa svilupparsi l'individuo, in un contesto di socialità e di solidarietà? Inoltre, in una fase come questa, si riduce e restringe la rappresentanza (restano i “nominati”, anziché gli eletti, nella legge elettorale); si va verso una tendenziale abolizione del Senato, togliendo di mezzo un contropotere ed allo stesso tempo una sede in cui si esercita (e si dovrebbe esprimere) la sovranità popolare. Si aumenta addirittura il numero delle firme richieste per lo svolgimento dell'iniziativa legislativa popolare (referendum). E si riscontra, pacificamente, la tendenza a rinforzare gli esecutivi anziché i luoghi in cui più direttamente si dovrebbe esprimere la volontà popolare. È chiaro che occorre una generale inversione di rotta, un cambiamento radicale della politica, a partire dal Governo e dal Parlamento fino ai partiti, alle Società pubbliche, per arrivare agli stessi comportamenti nel privato.

Ma, per questo, ci vuole coraggio, decisione, lealtà ed etica, senza la quale, davvero un Paese non vive e non prospera, anzi decade. È questo, allora, il terreno su cui dovrebbero battersi tutti coloro, singoli ed associazioni, che credono nella partecipazione e rispettano, come valore, la sovranità. Gli aggiustamenti ed i cambiamenti metodologici e strutturali, se vengono adottati, sono positivi ma non possono essere decisivi, se non si ingaggia, in tutti i settori e in tutti i campi, una battaglia convinta per la partecipazione, per il recupero del rapporto tra cittadini e istituzioni, per restituire dignità e speranza ai giovani. In questo senso dovrebbe realizzarsi una grande alleanza fra quanti pensano ad un cambiamento vero e sono disposti ad impegnarsi perché si realizzi il riscatto di un Paese che sta decadendo, e non solo per ragioni economiche, ma anche per ragioni morali.

Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi