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Formazioni Autonome

Le formazioni autonome sono reparti partigiani non formalmente collegati con i partiti del CLN. Costituite inizialmente da militari sbandati dopo l'armistizio, si ingrossano soprattutto grazie ai disertori e ai renitenti la leva di Salò. Nelle formazioni autonome prevale la struttura militare di tipo classico, nonché una strategia difensiva che, nei primi tempi, non può reggere agli attacchi sferrati dai nazifascisti.

Le formazioni autonome si sviluppano nelle zona delle Alpi e degli Appennini, e combattono le prime sfortunate battaglie a Boves (Cuneo, 19 settembre 1943) e Bosco Martese (Teramo, 25-26 settembre 1943). È a Boves che si costituisce, dopo l'atroce rappresaglia attuata dai tedeschi, la prima “banda autonoma”, guidata dal tenente Ignazio Vian, molto attiva per mesi nel cuneese. In Abruzzo, invece, dopo la sconfitta, si costituiscono bande autonome, garibaldine e gielline.

Altre formazioni autonome combattono nell'area di Varese nel novembre 1943, ma si disperdono dopo essere state sconfitte. Tra l'autunno e l'inverno del 1943, il CLNAI riesce a collegarsi con formazioni autonome attive in Val d'Ossola e nell'Oltrepò pavese. In dicembre, tra Cuneo e Savona, si costituisce il I gruppo divisioni alpine, comandato dal maggiore Enrico Martini, nome di battaglia “Mauri”, che verrà alimentato grazie all'unione con la banda di Boves e altri gruppi. «[…] la formazione di “Mauri”, per la consistenza raggiunta nel corso della sua vicenda partigiana, per l'ispirazione che l'anima, e anche per i suoi novecento caduti, assume grande spicco nella guerra di liberazione. Tanto da poter essere considerata […] come l'archetipo delle Autonome. La scelta apolitica di “Mauri” nelle struttura delle sue formazioni si concretizza infatti nella conservazione dei criteri tradizionali del regio esercito, dalle norme che regolano i rapporti tra partigiani e superiori fino alla gerarchia dei gradi» ((R. Sandri, Autonome, brigate, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 408).

La principale differenza tra le altre forze partigiane e gli autonomi è dunque la «rivendicata e affermata apoliticità del compito e del traguardo: prosecuzione del dovere di servire lo stato (pressoché sempre per fedeltà al giuramento prestato al re); partecipazione al fianco degli alleati alla guerra per la liberazione della patria» (Ivi, pp. 407-408). Gli autonomi sono quindi militari monarchici, anche se nelle loro formazioni affluiscono partigiani di diversi orientamenti politici, e la gerarchia militare dipende dai meriti conseguiti sul campo e non da fattori indipendenti o precedenti la guerriglia. Gli autonomi non hanno commissario politico e l'indipendenza dai partiti del CLN – l'apoliticità di Mauri si concretizza tavolta in accusa di “sovversivismo” rivolta a garibaldini e giellini – li rende interlocutori privilegiati, anche da un punto di vista materiale (lanci, collegamenti etc.), degli Alleati e del governo italiano. Questo talvolta comporta una certa propensione all'autonomia totale, che secondo lo stesso Raffaele Cadorna, generale dell'esercito comandante del CVL, può danneggiare lo spirito unitario della Resistenza.

L'indipendenza dai partiti non è però autonomia dal CLN Piemonte, con il quale gli autonomi collaborano attraverso il rappresentante liberale. Oltre alla formazione di Mauri, vi sono le divisioni Autonome R (Rinnovamento) in Valle Pesio, sempre nel cuneese, che hanno però un commissario politico repubblicano; la I divisione alpina autonoma della Val Chisone (Torino), che ha al suo interno numerosi azionisti; le formazioni dell'altopiano di Asiago (Vicenza) che, dopo duri colpi inferti dai nazifascisti, si riorganizzano nella divisione alpina autonoma Ortigara, che avrà rapporti non facili con i garibaldini-

Ancora, autonoma è la brigata Stella Rossa, attiva sull'Appennino bolognese nell'area di Marzabotto; autonome sono alcune formazioni di estrema sinistra, come Bandiera rossa, che opera a Roma, o di tendenze fortemente moderate, come la divisione Pasubio, attiva tra Vicenza e Verona, e l'Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno, dichiaratamente monarchica e “badogliana”.