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Le guerre coloniali

Nello stesso giorno in cui si realizza la marcia su Roma, Rodolfo Graziani (1882-1955) muove contro Yefren, nell'entroterra tripolino (A. Del Boca, Gli italiani in Libia, Milano, Mondadori, 1994, vol. II, p. 6). Si tratta di un'operazione, avviata dal ministro delle colonie, il liberale Giovanni Amendola (1882-1926), tesa alla pacificazione della Tripolitania e della Cirenaica (la Libia in quanto tale nascerà solo nel 1934) dove, dopo la conquista italiana del 1912, negli anni del primo conflitto mondiale e in quelli successivi, la guerriglia indipendentista ha riacquistato spazi e potere. La fase avviata nel 1922 dimostra come il passaggio tra lo stato liberale e il fascismo avvenga, in materia di politica coloniale, senza svolte particolarmente radicali, in un quadro di sostanziale continuità, continuità che verrà sottolineata dallo stesso Graziani molti anni dopo: "Servivo quindi la Patria, nel regime liberale, con lo stesso ardore col quale continuai a servirla poi nel Regime Fascista" (R. Graziani, Ho difeso la patria, Milano, Garzanti, 1948, p. 32).

In realtà, quando giunge al potere, Mussolini non ha ancora elaborato con precisione una propria idea di politica coloniale e ancora per alcuni anni l'assenza di un progetto originale non determinerà alcuna autentica novità rispetto alla politica coloniale della democrazia di età liberale.

La situazione cambia rapidamente. Superata la crisi del delitto Matteotti e instaurato il regime, la politica estera può delinearsi con maggiore precisione. La prima occasione è il viaggio in Tripolitania nell'aprile del 1926 quando, ad esempio, di fronte alla folla che gremisce il teatro Miramare di Tripoli, Mussolini proclama che "noi abbiamo fame di terre perché siamo prolifici e intendiamo restare prolifici" (citato in A. Del Boca, Gli italiani in Libia, cit., p. 85). Il discorso suscita attese e forti emozioni in Italia: la Turchia sembra essere il primo obiettivo, mentre, in realtà, non figura nei progetti del duce, che al momento sono pura propaganda.

La vera svolta avviene tra 1928 e 1929, con la nomina di Pietro Badoglio (1871-1956) a governatore di Tripolitania e Cirenaica. Mentre Graziani occupa la regione del Fezzan, fino ad allora non compresa nei domini italiani, Badoglio scatena la repressione in Cirenaica, con la deportazione e la reclusione della popolazione in campi di concentramento. Tra 1911 e 1931 guerra, repressione e malattie contratte nei campi di concentramento sterminano almeno 40.000 abitanti della Cirenaica (A. Del Boca, Gli italiani in Libia, cit., p. 183). Una delle vittime della repressione è il settantenne Omar el Muktar (1861-1931), leggendario capo della resistenza libica, impiccato di fronte a ventimila deportati nel settembre 1931.

All'inizio degli anni Trenta la strategia coloniale fascista prevede anche l'occupazione integrale dell'Etiopia. Il ministro degli Esteri Dino Grandi (1895-1988), considerato troppo disponibile verso la Francia, viene congedato, e per la diplomazia italiana si avvia, con l'interim di Mussolini, un nuovo corso.

La macchina propagandistica del regime, prima ancora di quella militare, si mette in moto, puntando sulle generazioni più giovani e sulla politica demografica, tesa a raggiungere l'obiettivo dei “60 milioni di abitanti” senza i quali, ha dichiarato Mussolini già nel 1927 nel cosiddetto “discorso dell'ascensione”, non si era impero ma si rischiava, anzi, di divenire colonia altrui. L'emigrazione verso paesi terzi viene ostacolata in modo progressivo, e le colonie diventano, nella propaganda del regime, insieme alle aree rurali interne (si pensi, ad esempio, all'Agro Pontino), la terra promessa destinata agli emigranti italiani.

L'Impero nasce nel 1936, dopo la conquista dell'Etiopia. Anche in questo paese l'imperialismo italiano avrà modo di dimostrare la propria natura rozza e brutale, e al contempo dilettantesca e improvvisata.