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Pietro Badoglio

Nato a Grazzano Monferrato (Asti) il 28 settembre 1871, deceduto a Grazzano Badoglio (toponimo modificato dal podestà, nel 1939, in onore del maresciallo d'Italia) il 1° novembre 1956, militare e uomo politico.

Capo di stato maggiore di corpo d'armata durante la Grande Guerra e capo di stato maggiore generale durante il fascismo, governatore della Tripolitania e della Cirenaica e viceré d'Etiopia, con la caduta di Mussolini (25 luglio 1943) il maresciallo d'Italia è chiamato da Vittorio Emanuele III a presiedere un nuovo governo. Lo forma escludendo ogni coinvolgimento dei partiti antifascisti, preoccupandosi di non dare spazio alle forze popolari, impegnandosi a trattare segretamente l'armistizio con gli Alleati, preoccupato soprattutto di salvaguardare la monarchia. I quarantacinque giorni del suo governo, inaugurati dall'annuncio del proseguimento della guerra al fianco dei tedeschi e dalla brutale repressione delle manifestazioni in favore della pace e della liberazione dei detenuti politici (in particolare in Emilia Romagna e in Puglia), si concludono con la stipula dell'armistizio e la disastrosa gestione della sua proclamazione l'8 settembre 1943. L'armistizio, che lascia allo sbando i nostri soldati, coincide con la fuga verso Brindisi del re, dei vertici delle forze armate e dello stesso Badoglio, senza la minima organizzazione per la difesa di Roma e la Resistenza.

I passi successivi del governo Badoglio sono la stipulazione dell'armistizio lungo (29 settembre 1943), la dichiarazione di guerra alla Germania e la cobelligeranza al fianco degli Alleati (13 ottobre 1943), il trasferimento dei ministri e della corte a Salerno (febbraio 1944), la costituzione del secondo governo Badoglio (22 aprile 1944), il primo governo di unità nazionale, al quale cioè partecipano gli esponenti dei partiti antifascisti riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale.

La liberazione di Roma (4 giugno 1944) coincide con le dimissioni di Badoglio e l'instaurazione del governo Bonomi. Il maresciallo si ritira a quel punto a vita privata, così come fa il re Vittorio Emanuele III, che lascia le prerogative di capo dello Stato nelle mani di suo figlio Umberto, nominato luogotenente generale del regno.

Nel dopoguerra Badoglio perde la carica di senatore e viene coinvolto in quella sulla disfatta dell'esercito italiano a Caporetto (1917). L'Italia non gli si chiederà conto, invece, delle atrocità compiute durante la guerra d'Etiopia, nonostante il governo di questo paese abbia incluso il nome di Badoglio in una lista di criminali italiani presentata nel 1948 alle Nazioni Unite.