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La Divisione Pinerolo

All'8 settembre 1943, la divisione Pinerolo, comandata, dal luglio precedente, dal generale Adolfo Infante, è dislocata in Tessaglia, dove ha condotto, fino a quel momento, una feroce guerra anti-partigiana, macchiandosi anche di brutali crimini di guerra, tra i quali l'eccidio della popolazione maschile del piccolo villaggio di Domenikon (16 febbraio 1943, circa 150 civili fucilati). Dopo l'armistizio, il comportamento tenuto dalla divisione – che può contare anche sui reggimenti di supporto Lancieri di Aosta e Milano – influenza in modo determinante il rapporto tra i militari della Pinerolo e le forze della Resistenza greca. La divisione, infatti, rifiuta di consegnarsi ai tedeschi e risponde con il fuoco all'intimazione di cedere l'aeroporto di Larissa. Resosi però conto del disfacimento delle altre divisioni italiane nella zona (Casale, Forlì, Modena e Piemonte), Infante decide di trasferire i propri reparti nella regione montuosa del Pindo, dove stipula, con l'avallo della missione britannica, un patto di cooperazione con i partigiani greci dell'ELAS (Esercito popolare greco di liberazione, guidato dai comunisti) e dell'EDES (Esercito nazionale democratico ellenico, guidato dai monarchici). La Pinerolo viene così frazionata all'interno delle varie formazioni. A ciò segue un breve periodo di cruenti scontri con i tedeschi, ma i rapporti con le formazioni dell'ELAS sono difficili: i partigiani comunisti si fidano poco di questi nuovi alleati, brutali occupanti fino a quel momento, e preferiscono disarmarli. L'equipaggiamento e l'armamento italiani sono infatti una preda ambita per la parte della Resistenza greca non sostenuta, e anzi spesso osteggiata, dalla missione britannica. I soldati italiani vengono quindi internati nei campi di Grevenà, in Macedonia, Neraida, in Tessaglia, e Karpenision, nel Pindo. Le condizioni di vita in questi campi sono durissime, e alcune migliaia di militari italiani muoiono a causa di malattie e denutrizione, oppure in seguito ai rastrellamenti tedeschi. I britannici tentano di aiutare gli italiani, prendendo nelle proprie mani la gestione dei campi, corrispondendo agli internati un piccolo aiuto in denaro e ottenendo che qualcuno di loro possa lavorare presso famiglie locali.

Dopo l'armistizio, oltre ai reparti della Pinerolo rimasti con Infante, alcuni italiani sbandati, tra i quali membri della stessa divisione, danno vita, in Macedonia, a un raggruppamento – Truppe Italiane della Macedonia Orientale (TIMO) – che resterà invece in attività al fianco della Resistenza greca. Tanti altri soldati entrano poi nelle formazioni di quest'ultima per decisione individuale. Secondo Muraca, «non ci fu unità partigiana, in territorio greco, che non avesse uno o più italiani, come combattenti o adibiti alle più svariate mansioni, soprattutto in quelle che richiedevano una qualche specializzazione» (I. Muraca, I partigiani all'estero: la Resistenza fuori d'Italia, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 487).